I titoli di stato a scadenza più ravvicinata potrebbero risentire degli effetti negativi di ulteriori peggioramenti dell’andamento dello spread.
L’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre prossimo pesa sul rifinanziamento dei titoli di stato in scadenza nel 2016 (18 miliardi di bot e 15 miliardi di btp) e sui 306 miliardi di titoli di Stato che arrivano a fine corsa nel 2017: complessivamente il voto potrebbe condizionare il costo per il rinnovo di 340 miliardi di obbligazioni statali.
Ammonta a oltre 33 miliardi di euro il totale del debito pubblico da rinnovare entro l’anno.
Da oggi a dicembre, scadono, infatti, quasi 18 miliardi di bot e 15 miliardi di btp: l’esito del referendum costituzionale del 4 dicembre pesa sul rifinanziamento di questi titoli di Stato e anche su altri bond pubblici per 306 miliardi che arrivano a fine corsa il prossimo anno.
Complessivamente, il voto sulla riforma della Costituzione potrebbe condizionare il costo per il rinnovo di 340 miliardi di obbligazioni statali.
E’ quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale nel 2018 scadono altri 176 miliardi, nel 2019 177 miliardi, nel 2020 144 miliardi e nel periodo 2021-2067 ulteriori 981 miliardi. In totale, le obbligazioni in circolazione emesse dal Tesoro valgono 1.816 miliardi, per la maggior parte btp (1.535 miliardi).
Secondo l’analisi dell’associazione, basata su dati della Banca d’Italia, il totale dei titoli di Stato in circolazione vale 1.816,1 miliardi: di questi 1.684 miliardi sono obbligazioni a tasso fisso e 131,3 miliardi a tasso variabile.
Si tratta, nel dettaglio, di 114,2 miliardi di buoni ordinari del Tesoro (bot), di 1.535,5 miliardi di buoni del Tesoro poliennali (btp), di 131,3 miliardi di certificati di credito del Tesoro (cct), di 35 miliardi di certificati del Tesoro zero-coupon (ctz).
Entro la fine del 2016, arrivano a fine corsa 33,4 miliardi di titoli, tutti a tasso fisso: 17,9 miliardi bot, 15,5 miliardi di btp e 15 milioni di cct.
Sul mercato delle obbligazioni pubbliche italiane è tornata a salire una forte tensione a causa delle incertezze e della conseguente instabilità del quadro politico legate al referendum costituzionale del 4 dicembre.
I timori dei grandi investitori si concentrano sull’esito del voto e in particolare su una eventuale vittoria del “No” che potrebbe pregiudicare la prosecuzione del governo in carica e il naturale prosieguo della legislatura.
In questa situazione, soprattutto le emissioni a scadenza più ravvicinata potrebbero risentire degli effetti negativi di ulteriori peggioramenti dell’andamento dello spread: il costo per il servizio del debito, infatti, potrebbe salire ancora nelle prossime settimane/mesi: da oggi alla fine del 2017 scadono bot, btp, cct e ctz per complessivi 340,1 miliardi ed è su questa cifra che potrebbe incidere l’aumento degli interessi da riconoscere ai nuovi sottoscrittori delle future emissioni del Tesoro.