La crescita tendenziale della produzione industriale italiana resta robusta, al 3%, dopo il 3,4% di febbraio.
A marzo, la produzione industriale italiana è rimasta stabile, mentre era attesa una significativa correzione dopo l’ampio rimbalzo di febbraio (4% m/m). La crescita tendenziale resta robusta, al 3%, dopo il 3,4% (rivisto al rialzo di un decimo) di febbraio, anche se il confronto annuo è viziato dal fatto che nel mese di marzo del 2021 erano in vigore ancora significative restrizioni alle attività economiche e alla mobilità (nella seconda metà del mese di marzo, mezza Italia era in “zona rossa”).
L’unico tra i principali macro settori a mostrare una correzione nel mese è quello dei beni intermedi (-0,7% m/m, dopo il 3,5% di febbraio), mentre la produzione è cresciuta ulteriormente nel comparto dei beni di consumo e in quello dei beni strumentali (1% dal 5,3% di febbraio, e 0,4% dal 2,8% m/m, rispettivamente).
L’output nel settore energetico ha mostrato una accelerazione a 2,7% m/m (dallo 0,9% precedente). Su base annua, i beni di consumo sono trainanti (8,1%), mentre i beni intermedi sono in calo (-0,4% a/a corretto per gli effetti di calendario).
Nel confronto annuo, il settore più brillante è quello tessile (15% a/a), che però era tra i comparti che avevano sofferto di più durante la crisi pandemica (il livello dell’indice destagionalizzato resta del 6% inferiore rispetto a febbraio 2020).
Fanno segnare progressi superiori al 7% annuo anche computer ed elettronica, macchinari e industrie alimentari. Viceversa, restano in calo tendenziale le attività estrattive, i mezzi di trasporto, il settore metallurgico e gomma e plastica.
Nel 1° trimestre, la produzione industriale è calata di -0,9% t/t: in pratica, l’industria in senso stretto sembra essere stata pressoché interamente responsabile del calo del PIL di -0,2% visto nei primi tre mesi dell’anno.
Purtroppo, pensiamo che la crisi geopolitica internazionale non abbia ancora dispiegato appieno i suoi effetti sull’attività industriale: il settore potrebbe frenare il PIL almeno per tutto il primo semestre dell’anno (ma non si può escludere un impatto più prolungato se il conflitto in Ucraina dovesse persistere).
Inoltre, come suggerito dalle indagini, le imprese sembrano considerare l’impennata dei prezzi delle materie prime come temporanea, e non stanno prezzando uno scenario di possibile razionamento dell’energia.
Gli indicatori ad alta frequenza, come il consumo di gas a uso industriale, segnalano che l’attività produttiva potrebbe essersi contratta già ad aprile.
In ogni caso, l’Italia resta l’unico tra i 4 principali Paesi dell’Eurozona ad aver più che recuperato i livelli di produzione industriale pre-pandemici (+2,7% rispetto ai livelli di febbraio 2020, contro un -1,4% in Spagna, un -5,4% in Francia e un -9,4% in Germania).
La causa è probabilmente da ricercarsi nella minore quota della catena produttiva basata in Asia e nell’Europa dell’Est (le aree in cui si stanno verificando i maggiori problemi nelle forniture), nonché del minore peso del settore automotive in % del valore aggiunto totale nell’industria.
Commento a cura di Paolo Mameli – Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo