Riforma Costituzionale: i possibili scenari dopo il NO

Con il “no” alla riforma costituzionale i rendimenti dei titoli di stato italiani continueranno a crescere a breve termine. Per Monte dei Paschi di Siena e Unicredit sarà più difficile reperire sul mercato le risorse di capitale necessarie.

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Ha vinto il “no”. Ieri gli italiani si sono recati alle urne per esprimersi sulla riforma costituzionale proposta dal Governo.

Sebbene le riforme prospettate avessero favorito a lungo termine la stabilità politica e la governabilità del Paese, la consultazione popolare ha respinto la modifica costituzionale. Gli elettori hanno utilizzato il referendum per esternare il proprio disappunto nei confronti del governo Renzi. Ciò non ha tuttavia rappresentato una sorpresa.

Nelle settimane scorse i mercati finanziari avevano già in parte anticipato l’esito della consultazione. Sul breve periodo la debolezza dei mercati finanziari risulterà maggiorata non solo in Italia ma in Europa.

Se, tuttavia, non saranno indette elezioni anticipate immediate, gli sguardi saranno ben presto rivolti ai dati economici europei in miglioramento.

Qualora, invece, si vada a una nuova tornata elettorale, è probabile che non si concretizzi alcuna rapida ripresa sui mercati finanziari.

Conseguenze per i mercati finanziari

Con il “no” prevediamo che i rendimenti dei titoli di stato italiani continueranno a crescere a breve termine, pur assumendo un intervento da parte della BCE attraverso il programma di acquisto, qualora la forbice dei differenziali relativi ai titoli italiani diventi troppo ampia.

Le quotazioni riguardanti le categorie di investimento che comportano un maggior rischio, quali ad esempio i titoli azionari, saranno presumibilmente soggette a una correzione sul breve periodo. A risentirne sarà soprattutto il settore bancario.

Le prospettive di mercato per il medio e lungo termine sono di più difficile previsione. Non sono soltanto gli sviluppi politici e del settore bancario in Italia a giocare un ruolo importante, bensì anche la reattività della BCE e gli sviluppi politici nel resto della zona euro. Le nostre previsioni attuali indicano che il “no” referendario alla riforma costituzionale sostanziatosi in Italia non comporterà alcuna crisi di sistema.

Il risultato della consultazione potrà tuttavia formare un ostacolo per la ricerca di una soluzione ai problemi del settore bancario italiano. Per le banche in difficoltà, quali il Monte dei Paschi di Siena e Unicredit, sarà più difficile reperire sul mercato le risorse di capitale necessarie.

Vale tuttavia la pena esprimere in maniera più sfumata i timori legati alla crisi bancaria italiana. Si tratta infatti solo di una frazione dell’economia italiana, e dell’intero debito pubblico italiano.

Incremento dell’incertezza politica

Il “no” pronunciato al referendum italiano sulla riforma costituzionale avrà come conseguenza una maggiore incertezza a livello politico. Il primo ministro Renzi ha annunciato le sue dimissioni.

Il Presidente della Repubblica Mattarella assegnerà probabilmente un successore (politico o tecnico) che avrà il compito di formare un nuovo governo di coalizione.

Questo governo si concentrerà probabilmente sulle modifiche da apportare all’Italicum (la legge elettorale) e sulla gestione delle problematiche esistenti all’interno del settore bancario italiano. Non prevediamo che, all’interno di questo contesto, vengano attuate le riforme di cui il Paese ha urgentemente bisogno.

A breve termine l’economia italiana continuerà presumibilmente a mostrare indicatori di basso livello in termini assoluti e relativi. Uno scenario di questo tipo non è sostenibile sul medio periodo. Nel 2018 saranno quindi presumibilmente indette nuove elezioni.

Una seconda possibilità è quella dell’annuncio di elezioni anticipate.

Sebbene riteniamo remota questa possibilità, le conseguenze che ne possono scaturire sono potenzialmente ampie.

L’ipotesi di elezioni anticipate potrebbe nuovamente creare dubbi sulla sostenibilità dell’eurozona e/o dell’Unione europea. In questo caso, non vi sarà il tempo necessario per eseguire una modifica della legge elettorale. Il partito che riceverà il 40% dei suffragi alle elezioni, otterrà automaticamente la maggioranza alla camera dei deputati.

Se, invece, nessun partito sarà in grado di arrivare al 40%, sarà tenuto un ballottaggio, al quale parteciperanno soltanto i due partiti che hanno ottenuto più voti durante la prima tornata. La maggioranza andrà al vincitore del ballottaggio.

Secondo i sondaggi il M5S, partito a favore dell’uscita dall’eurozona, ha buone probabilità di vincere le elezioni. I mercati finanziari non hanno finora considerato una eventuale uscita dell’Italia; le reazioni a un tale esito saranno pertanto negative.

Improbabile una caduta della zona euro

Riteniamo che una eventuale caduta dell’eurozona continui a rappresentare un rischio di coda. L’intenzione di uscire dall’euro, espressa dai partiti politici M5S e Lega Nord, si scontra con ostacoli di natura istituzionale ed economica.

L’articolo 75 della costituzione italiana vieta, infatti, la possibilità di modificare un trattato internazionale mediante referendum. Per indire una consultazione popolare su questo tema è quindi prima necessaria una modifica della costituzione.

A tale scopo, è richiesta una maggioranza assoluta sia alla Camera dei deputati sia al Senato.

Oltre a ciò, stando ai risultati dell’ultima indagine Eurobarometro, una piccola maggioranza della popolazione italiana ha espresso la propria preferenza al mantenimento dell’euro.

Sebbene non sia stato ufficialmente questo l’oggetto dell’attuale quesito referendario sulla riforma costituzionale, l’esito della consultazione non fa altro che rafforzare la posizione dei partiti populisti.

È previsto, inoltre, lo svolgimento delle elezioni in Francia, in Germania e nei Paesi Bassi. Il rischio non è quindi ancora alle spalle.

Commento a cura di Kempen Capital Management

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