PIL Italia terzo trimestre 2016

La seconda lettura del PIL Italia nel 3° trimestre 2016 ha confermato l’incoraggiante crescita di 0,3% t/t già evidenziata dalla prima stima.

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Confermata l’espansione del PIL Italia nel 3° trimestre, sale la crescita acquisita 2016 in lieve calo la disoccupazione.

La seconda lettura del PIL Italia nel 3° trimestre 2016 ha confermato l’incoraggiante crescita di 0,3% t/t già evidenziata dalla prima stima. Inoltre, il dato relativo al 2° trimestre è stato rivisto verso l’alto, a +0,1% t/t dopo che in precedenza era stata stimata una stagnazione dell’attività economica.

Di conseguenza, la variazione annua del PIL nel 3° trimestre è stata riletta al rialzo a 1,0% da 0,9% della prima lettura (in accelerazione dallo 0,8% del trimestre primaverile).

Il dettaglio delle componenti è risultato in linea con le nostre attese:

1) I consumi privati sono cresciuti a malapena per il secondo trimestre consecutivo (anzi rallentando a 0,1% da 0,2% t/t); a perdere velocità sono in particolare, dopo la crescita significativa dei trimestri precedenti, i beni durevoli e semidurevoli (0,6% da 1% t/t e 0,1% da 0,8% t/t, rispettivamente). La variazione annua dei consumi è perciò rallentata ulteriormente a 1,1% da 1,5% del 2° trimestre e dal 2% di inizio anno (che peraltro rappresentava un massimo da quasi 9 anni).

2) Gli investimenti sono tornati a crescere, di 0,8% t/t, dopo la stagnazione primaverile (per una variazione annua in accelerazione a 2,3% da 1,9% precedente). Come atteso il recupero è dovuto soprattutto alla spesa in macchinari e attrezzature, rimbalzata di +0,7% dopo il -0,9% t/t precedente (la tendenza annua torna in territorio solo lievemente positivo, a +0,1% da -0,8%). Gli investimenti in mezzi di trasporto continuano a crescere a ritmi significativi, anzi accelerando a +8,8% t/t (da +7,7% nel 2° trimestre e +6% a inizio anno). Viceversa (anche in questo caso come atteso, vista la stagnazione della produzione nel settore), gli investimenti in costruzioni non sono riusciti a contribuire alla crescita neanche questo trimestre (-0,2% dopo il -0,1% t/t precedente).

3) Il commercio con l’estero ha (in linea con le indicazioni emerse dai dati mensili sulla bilancia commerciale) sottratto un decimo alla crescita, in un contesto di rallentamento per entrambi i flussi commerciali, ma più marcato per l’export (+0,1% da +2,1% t/t precedente, che peraltro rappresentava un record da quasi 6 anni) che per l’import (+0,7% da +1,3% t/t).

4) Non sorprende nemmeno che le scorte abbiano dato l’usuale contributo speculare a quello del commercio con l’estero: nel trimestre l’apporto dai magazzini è positivo per un decimo (dopo il -0,2% t/t precedente);

5) Infine, la spesa pubblica è risultata poco variata, come nei precedenti trimestri dell’anno.

Decisivo, anche in questo caso come atteso, è stato il contributo del settore industriale (in cui il valore aggiunto è cresciuto di 0,8% t/t, ovvero di 1,1% t/t al netto delle costruzioni, a fronte di un +0,1% dai servizi e di un -1,5% nell’agricoltura); un segnale incoraggiante in merito è giunto oggi anche dalla ripresa dell’indice PMI relativo al settore manifatturiero, salito più del previsto a 52,2 a novembre dal 50,9 di ottobre (si tratta di un massimo dallo scorso giugno).

In pratica, nel trimestre il contributo negativo dalla domanda estera (-0,1% t/t) è stato interamente compensato dall’apporto positivo delle scorte: la notizia incoraggiante è che l’intera crescita del PIL Italia è spiegata dalla domanda domestica finale (al netto dei magazzini), e soprattutto dagli investimenti.

Il dato infatti conferma la nostra idea che sia in atto una sorta di passaggio del testimone della ripresa dai consumi delle famiglie agli investimenti delle imprese (che potrebbero trovare nuovo vigore a inizio 2017 con le misure inserite nella Legge di Bilancio). Il commercio con l’estero ha frenato la crescita nel trimestre, ma potrebbe a nostro avviso in ottica 2017 se non altro non fare più da freno, vista l’inversione del ciclo in corso in molti Paesi emergenti e le prospettive di riaccelerazione della stessa economia Usa (oltre al recente deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro).

In sintesi, il dato è migliore del previsto perché alza la crescita acquisita per il 2016 da 0,8% a 0,9%. A nostro avviso, il PIL potrebbe rallentare a fine anno, mantenendo comunque un segno positivo (+0,1% t/t).

Ciò sarebbe coerente con una crescita 2016 appunto a 0,9%, ovvero migliore di un decimo rispetto alla nostra precedente stima.

Il tasso di disoccupazione è calato all’11,6% a ottobre, dopo essere salito a sorpresa all’11,7% a settembre. Il dato è risultato in linea con le aspettative.

Al contrario che il mese precedente, a ottobre si è registrata una diminuzione degli occupati (-30 mila unità dopo le +22 mila di settembre), che però non ha impedito un calo del tasso dei senza-lavoro in quanto più che compensata da una minore partecipazione alla forza lavoro: il numero di inattivi è rimbalzato di 82 mila unità dopo essere calato di ben -111 mila unità il mese precedente.

Il tasso di inattività è così risalito a 35,1% dopo il 34,9% di settembre, che aveva fatto segnare un minimo storico da quando sono disponibili le serie (ovvero dal 1977).

L’occupazione si mantiene in progresso su base annua (+0,8% ovvero +174 mila unità), pur decelerando ulteriormente (da +0,9%, +207 mila unità il mese precedente). Il tasso di occupazione è calato a 57,2% da 57,3% di settembre, ma resta vicino al massimo dal 2009 toccato la scorsa primavera (57,4% a maggio e giugno).

Gli occupati dipendenti permanenti continuano a spiegare interamente l’aumento dei posti di lavoro su base annua (+178 mila unità, +1,2% a/a), ma spiegano anche l’intera flessione su base congiunturale (-39 mila unità nel mese); viceversa, i dipendenti a termine sono aumentati lievemente (+7 mila unità), mentre gli occupati indipendenti risultano poco variati (+1000 unità).

Una notizia incoraggiante è che il tasso di disoccupazione giovanile è sceso per il terzo mese consecutivo a 36,4% a ottobre, da 36,8% a settembre. Si tratta di un minimo da più di 4 anni.

Tuttavia, ancora una volta l’andamento dell’occupazione è decisamente più virtuoso per le classi di età più anziane: gli occupati ultracinquantenni sono aumentati di 42 mila unità. A soffrire sono soprattutto le fasce di età intermedie ovvero i 25-34enni e i 35-49enni (-33 mila e -32 mila unità, rispettivamente).

In sintesi, il dato conferma che il trend per il mercato del lavoro resta in miglioramento, che tuttavia è molto lento e irregolare su base mensile.

In effetti, il calo del tasso di disoccupazione, evidente tra fine 2014 e la prima metà del 2015, sembra essersi arrestato successivamente: la tendenza è in pratica laterale da oltre un anno.

In prospettiva, non escludiamo che negli ultimi due mesi del 2016 le imprese tornino ad aumentare le assunzioni a tempo indeterminato per godere della riduzione contributiva generalizzata in vigore sino a fine anno.

Tuttavia, sarebbe un anticipo di assunzioni che potrebbe pesare poi sui primi mesi del 2017.

In ogni caso, riteniamo che il trend per il tasso di partecipazione alle forze di lavoro resti, nonostante il calo di ottobre, al rialzo.

Ciò continuerà ad esercitare una pressione verso l’alto sul tasso dei senza-lavoro. Per la media del prossimo anno, ci aspettiamo che l’occupazione continui a crescere, ma su ritmi meno vigorosi di quelli visti quest’anno, e che il tasso di disoccupazione cali in misura solo modesta (11,3% dall’11,6% di quest’anno).

Commento a cura di Paolo Mameli – Gruppo Intesa Sanpaolo

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