L’inizio d’anno tumultuoso ha ammonito il grande pubblico sul fatto che sui mercati azionari possono verificarsi oscillazioni molto ampie. L’impatto esercitato dalla psicologia degli investitori determina fortemente i movimenti dei prezzi dei titoli.
I mercati azionari sono oggetto di molta attenzione in questi giorni. L’inizio d’anno tumultuoso ha ammonito il grande pubblico sul fatto che su questi mercati possono verificarsi oscillazioni molto ampie. Il valore delle società può evaporare o raddoppiare altrettanto velocemente.
Tutto sembra essere riconducibile alla psicologia, o, in termini più prosaici, all’avidità e alla paura.
L’impatto esercitato dalla psicologia degli investitori è stato oggetto di estese ricerche e in effetti determina fortemente le oscillazioni dei prezzi dei titoli. Ma un altro fattore riveste un ruolo fondamentale: il comportamento del top management.
Troppo spesso i CEO sono preoccupati delle percezioni di breve termine del mercato e dei risultati trimestrali, e temono la “punizione” degli investitori e il crollo del prezzo delle loro azioni.
Nel lungo termine, l’attenzione eccessiva ai risultati a breve termine delle società quotate non gioca chiaramente né a favore della società né degli azionisti.
Si tende, infatti, a prediligere misure estemporanee e soluzioni rapide anziché concentrarsi su progetti più strategici e ben pianificati i quali potrebbero, nel breve termine, impattare negativamente gli utili.
Al tempo stesso, la corsa sfrenata per anticipare le aspettative o perlomeno per non deludere i mercati diventa ancora più complicata e spiega perché nel contesto attuale la maggior parte dei CEO rimane in carica per pochi anni soltanto. Arriva poi un nuovo CEO che ricalibra le aspettative e il gioco ricomincia.
Questa visione a breve termine non è chiaramente utile né per gli investitori né per le società e andrebbe modificata. Il comportamento del top management delle società è naturalmente dettato dai proprietari (gli azionisti). Il modo migliore per modificare il sistema è cercare di cambiare il comportamento degli azionisti.
In questi giorni viene gestito molto denaro attraverso investitori che in teoria hanno un orizzonte di investimento di lungo termine. In generale infatti i regimi assicurativi e i fondi pensione hanno un orizzonte superiore a 10 anni; focalizzarsi sui risultati trimestrali è quindi illogico in tale contesto.
Eppure, troppi investitori si concentrano sulla performance a breve termine degli investimenti azionari, spingendo i gestori a reagire repentinamente ad ogni delusione per evitare di sottoperformare.
Nel settore dell’asset management sta emergendo una nuova tendenza per offrire strategie di investimento focalizzate sugli orizzonti di investimento di lungo termine e non sulla rincorsa alla performance di breve termine.
Una prospettiva di più lungo termine da parte degli azionisti della società potrebbe stimolare un pensiero più strategico anche nel top management.
Se i CEO capiscono che i risultati a breve termine contano meno della direzione globale della società, potrebbero essere meno tentati di lanciarsi in questa corsa sfrenata con i mercati azionari e concentrarsi di più sulla gestione della società.
Commento a cura di Cor Dücker, International Business Development Manager in Italia, Kempen Capital Management