Il crollo della redditività del denaro ha disintegrato parecchie aspettative. Discorso analogo vale per il reddito fisso in valuta estera, che attrae per gli alti tassi nominali offerti.
Il crollo di quello che gli economisti chiamano il saggio d’interesse, in pratica la redditività del denaro, ha disintegrato parecchie aspettative. Ma molti non vogliono rassegnarsi all’idea che i loro risparmi, sudati o ereditati, fruttino ora pochissimo; quasi niente, tolte imposte e costi vari. Si lasciano così lusingare da proposte presentate in maniera tendenziosa. Tipica l’insistenza del venditore di prodotti obbligazionari che dice: “Con la Borsa può ottenere molto di più”, senza aggiungere “…oppure molto di meno”.
Discorso analogo vale per il reddito fisso in valuta estera, che attrae per gli alti tassi nominali offerti. Un titolo in lire turche o in rubli rende un 10% abbondante e uno della Nuova Zelanda pur sempre più del 3% annuo, seppur lordo, rispetto allo 0,6% dei Btp a cinque anni.
Né è contestabile, per esempio, che una certa obbligazione bancaria in dollari australiani renda il 4%. Invece è truffaldino rifilare un fondo comune o un fondo pensione obbligazionario raccontando che “rende il 5%”, quando invece “ha reso” così negli scorsi dodici mesi, ma per i prossimi è molto probabile che renderà intorno allo zero.
Quel 4% annuo di un’obbligazione nella divisa dell’Australia è però il suo rendimento a scadenza in quella valuta. Vale cioè per chi vive a Sydney o Melbourne oppure se il cambio resta inchiodato all’attuale livello di 1,53 dollari per euro. Ma questa è un’ipotesi molto forte. È praticamente certo che il rendimento per un italiano sarà maggiore o minore. A essere onesti è anche del tutto imprevedibile quale sarà.
È un’illusione che sia così facile sfuggire ai tassi bassissimi sull’euro. I tassi più alti in una certa valuta sono anzi collegati ad aspettative di svalutazione; e viceversa. Così per esempio Banca Imi circa due anni fa proponeva: “Guida i tuoi investimenti verso due nuove opportunità. Collezione tasso fisso Dollaro Australiano 6,4% e Rublo Russo 8,3%”. Ma che bei rendimenti! Peccato che dal luglio 2013 le perdite sul cambio siano state rispettivamente il 6,6% e il 43,4%. Nel primo caso più che compensate da interessi e salita della quotazione, nel caso del rublo assolutamente no.
Al contrario è andata bene ai pochissimi in Italia, Francia, Germania ecc. con titoli in franchi svizzeri, dai rendimenti nominali irrisori. Dai primi di gennaio il franco è salito del 13% rispetto all’euro. Per altro il dollaro è salito rispetto a un anno fa, senza che avesse rendimenti molto bassi. Conclusione operativa: puntare su questa o quella valuta estera è come giocare sul rosso o sul nero alla roulette. Ed è tempo perso leggere le previsioni sui cambi: vi sono esempi a iosa di come siano del tutto inaffidabili.
Beppe Scienza
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