Se a dicembre il presidente della BCE Mario Draghi aveva deluso i mercati, questa volta è riuscito a sorprenderli positivamente, varando un pacchetto aggressivo di stimoli monetari.
Giovedì scorso la Banca centrale europea (BCE) era costretta ad agire. Non soltanto i dati economici pubblicati dopo la riunione di politica monetaria di dicembre sono meno positivi rispetto alle previsioni, ma sono aumentati anche i rischi di un ulteriore peggioramento. A febbraio, i livelli dei prezzi sono nuovamente scesi per la prima volta da settembre 2015 e i tassi di inflazione sono previsti ai minimi anche per i prossimi mesi. Anche se siamo sicuri che l’inflazione ricomincerà a salire nel secondo semestre dell’anno, i mercati finanziari, dal canto loro, sembrano essere meno ottimisti a giudicare dall’andamento delle aspettative di inflazione che, negli ultimi mesi, sono nettamente peggiorate.
La BCE stessa era meno positiva sulle prospettive economiche. Le previsioni sulla crescita economica per quest’anno sono state abbassate all’1.4%, un dato decisamente inferiore rispetto a quello pubblicato a dicembre. Per il 2017 e 2018, la stima di crescita è rispettivamente dell’1.7% e dell’1.8%. La BCE ha rivisto al ribasso anche le aspettative di inflazione. Il tasso di inflazione annua è ora previsto mediamente allo 0.1% nel 2016, l’1.3% nel 2017 e l’1.6% nel 2018. Ne consegue che il tasso di inflazione a medio termine rimarrà decisamente inferiore all’obiettivo della BCE, inferiore ma vicino al 2%. Questa circostanza ha spinto la BCE a espandere ulteriormente il programma di acquisti di asset (quantitative easing).
Se a dicembre il presidente della BCE Mario Draghi aveva deluso i mercati, questa volta è riuscito a sorprenderli positivamente, varando un pacchetto aggressivo di stimoli monetari, mentre i mercati si aspettavano ‘soltanto’ un taglio del tasso sui depositi di 10 basis point e un’espansione del quantitative easing di 10 miliardi di euro. Non avrebbero mai potuto prevedere la nuova mossa. Il tasso principale di rifinanziamento (refi) è stato ridotto dello 0.05% allo 0.00%. Il tasso sui depositi è stato tagliato dello 0.10% a -0.4%. Inoltre, la BCE ha deciso di potenziare il programma di quantitative easing.
A partire dal 1° aprile, gli acquisti mensili all’interno del programma di acquisti di asset saranno aumentati di 20 miliardi di euro attestandosi a 80 miliardi di euro al mese e, oltre ai Titoli di Stato, la BCE inizierà ad acquistare anche obbligazioni investment grade denominate in euro del settore non finanziario. Per garantire che il programma di quantitative easing possa procedere senza intoppi, il limite acquistabile di ogni emittente e per ogni obbligazione sovranazionale, emessa da agenzie e da enti governativi locali è stato portato dal 33% al 50%. Infine, la BCE ha annunciato il lancio di un nuovo round di quattro operazioni di finanziamento agevolato LTRO (targeted longer-term refinancing operations), ciascuna con una durata di quattro anni, a partire da giugno 2016. Le banche potranno prendere denaro a prestito dalla BCE a un tasso che potrà arrivare fino al tasso sui depositi. Misure che dovrebbero incoraggiare le banche a concedere più prestiti alle imprese e ai consumatori.
Il mercato ha inizialmente risposto con sorpresa. I rendimenti effettivi delle obbligazioni sono scesi, le aspettative di inflazione hanno ripreso vigore, i mercati azionari hanno guadagnato terreno e l’euro si è deprezzato. Tuttavia, l’effetto è stato di breve durata. A fine giornata, l’euro aveva ripreso più dell’1% e i mercati azionari erano ritornati ai livelli precedenti all’annuncio dell’espansione del programma di QE. I mercati dei tassi hanno addirittura registrato un deciso aumento. A nostro parere, queste dinamiche confermano la minore efficacia degli stimoli monetari, mentre crescono i (potenziali) effetti negativi. Nelle ultime settimane, i titoli bancari hanno subito forti pressioni a causa della (prevista) minore redditività delle banche. Finora però le banche commerciali non hanno pressoché mai trasferito i tassi negativi sui depositi dei loro clienti, mentre hanno trasferito i tassi di interesse bassi sui clienti di mutui e finanziamenti. Inoltre, crescono le preoccupazioni sul fatto che la politica monetaria ultra accomodante incoraggerà gli investitori ad assumere rischi eccessivi nella ricerca di rendimenti elevati.
Non riteniamo che le nuove misure avranno un impatto significativo sull’economia e i tassi di inflazione. La BCE ha fatto tutto quanto era in suo potere, ma l’arsenale di politica monetaria è pressoché esaurito. È giunto il momento che la classe politica europea presti il tanto sospirato sostegno. Pensiamo che sarebbe davvero utile un programma in cui i banchieri centrali e i politici coordinano le loro politiche. Tuttavia, riteniamo che sia improbabile che un tale programma si concretizzi nel prossimo futuro.
Commento a cura di Kim Lubbers e Ruth van de Belt – Kempen Capital Management