I fondamentali solidi dovrebbero indicare che gli investitori potranno attraversare il 2018 con successo grazie a una combinazione di gestione attiva e approccio diligente al rischio.
Dopo un 2017 formidabile per quanto riguarda il rischio, formulare previsioni per il 2018 potrebbe essere più impegnativo ed è molto probabile che i rendimenti siano inferiori, ma i fondamentali solidi dovrebbero indicare che gli investitori potranno attraversarlo con successo grazie a una combinazione di gestione attiva e approccio diligente al rischio.
Prima di partire alla volta del 2018, diamo uno sguardo alle previsioni per il 2017.
Il ciclo economico esteso della politica di Trump ci ha rassicurato, consentendoci di mantenere titoli di credito per tutto l’anno; con la ripresa economica globale coordinata in pieno svolgimento, inoltre, tutte le flessioni sono state lievi e di breve durata, in quanto gli investitori hanno acquistato fiducia.
Di conseguenza, la volatilità è rimasta bassa per tutto l’anno e i prezzi degli asset si sono consolidati a livello complessivo. Inoltre, le quattro grandi banche centrali hanno aggiunto circa $2.000 mld al loro bilancio, in quanto il periodo di politica monetaria ultra accomodante si è evoluto lungo l’intero anno.
I mercati sono stati certamente cari, ma le condizioni attuali sono quasi perfette per quelli costosi, e gli investitori dovrebbero ricordare che i mercati sono cari per periodi più lunghi rispetto alle fasi in cui sono convenienti, quindi la pazienza si è rivelata la carta vincente per gli investitori che hanno mantenuto le posizioni lunghe nel 2017.
La nostra opinione sui tassi statunitensi nel tratto a breve è stata propensa ad una Fed attiva che intende attuare due o tre aumenti dei tassi nel 2017; forse potrebbero addirittura essere quattro. In Europa, la nostra previsione di tapering del Q.E. si è rivelata corretta, in quanto Draghi ha ridotto gli acquisti a €30 mld al mese, mantenendo il tasso di rifinanziamento a -40 pb.
Nel Regno Unito il nostro scenario di base è consistito in una posizione invariata da parte del Comitato di politica monetaria (MPC), e il recente aumento di 25 pb deciso dal Governatore Carney ci ha in un certo senso sorpresi. Nella curva dei rendimenti la nostra scelta è stata inoltre propensa a rendimenti superiori dei Treasury a 10 anni, in quanto i segnali di inflazione si erano infine insinuati, ma in ultimo solo l’aspettativa di inflazione ha spostato il titolo decennale al 2,62% a marzo.
In seguito, quattro previsioni successive inferiori alle aspettative riguardo ai dati di inflazione mensile hanno consentito ai Treasury di recuperare fino al 2,40% come da noi riportato, lasciandoli più o meno invariati nel corso nell’anno.
La caratteristica principale da notare è stata l’appiattimento della curva dei rendimenti in $ durante l’anno, coerente con questa fase del ciclo, in cui la banca centrale sta attuando una politica restrittiva. Sebbene i mercati dei tassi non siano andati così male come avevamo previsto, i mercati del credito hanno addirittura superato le nostre aspettative, con un considerevole restringimento degli spread a livello complessivo.
Le previsioni per il 2018
Di sicuro non vogliamo troppa esposizione all’estremità più a lungo termine del mercato dei tassi in euro; i Bund decennali allo 0,33% paiono poco sensati e sono a nostro avviso quanto di più prossimo al concetto di “bolla”. I rendimenti sono stati trainati a questi livelli ultra bassi da un programma di acquisti della BCE aggressivo, che talvolta ha acquistato fino a 7x l’offerta netta delle obbligazioni di Stato dell’Eurozona.
Riteniamo che questo programma si concluderà a settembre 2018, lasciando una certa vulnerabilità nel mercato. Il passaggio allo 0,75% sarebbe ridotto, ma costerebbe agli investitori il 4% mark-to-market.
Sarebbe facile vedere un aumento ancora maggiore. Per quanto riguarda invece la BCE, molto semplicemente non vogliamo acquistare gli stessi asset che ha acquistato, poiché il posizionamento tecnico su questi attivi è altamente distorto.
Ad esempio, l’indice IG in € è di soli 42 pb superiore agli asset swap per un rating medio di A3 e una scadenza di 6 anni, ed è perfettamente scontato. Si tratta di un altro settore in cui agire con cautela.
Nel Regno Unito è difficile trovare uno scenario che a nostro avviso non danneggi i prezzi dei Gilt. Una Brexit poco organizzata potrebbe portare ad un governo laburista guidato da Corbyn, la prospettiva più preoccupante dal punto di vista dei mercati. Il mercato potrebbe con buone possibilità perdere fiducia nella capacità del Regno Unito di autofinanziarsi, spingendo quindi sostanzialmente più in alto i rendimenti dei Gilt.
Un’alternativa più probabile sarebbe quella di una soluzione alla Brexit e in qualche modo di un’eliminazione dell’incertezza economica, consentendo al Regno Unito di raggiungere la ripresa globale, che in questo scenario punta a tassi e rendimenti maggiori.
Prevedere i rendimenti dei Gilt nel 2018 non richiede doti eccezionali ma, inutile dirlo, li vediamo in crescita in misura sufficiente da desiderare di evitarli completamente in questa fase.
Analogamente, per l’Europa non desideriamo acquistare credito in £ di alta qualità e con spread ridotti, scontati al di fuori dell’estremità a più lungo termine della curva dei Gilt.
In ultimo, per quanto riguarda i tassi non è ancora necessario a nostro avviso acquistare Treasury USA con scadenze maggiori per alcuna ragione, se non per considerazioni tattiche.
Detto ciò, sebbene riteniamo che i Treasury a 10 anni saliranno solo al 2,75%, mentre i Fed Fund aumenteranno altre tre volte nel 2018, a nostro avviso assisteremo ad un ulteriore appiattimento rispetto alla situazione attuale.
Un punto d’inizio per i Treasury a 10 anni del 2,40% ci offre ancora un rendimento negativo nel corso di un anno solare, quindi preferiremmo aspettare un rialzo dei rendimenti prima di assumerci un rischio maggiore in $ in termini di duration.
Passiamo ora al credito, situazione in cui siamo normalmente molto più a nostro agio ma dobbiamo ancora riconoscere il punto del ciclo in cui ci troviamo, oltre a valutazioni e sensibilità ai prodotti di tasso che non vediamo con favore.
Partendo dall’ultimo punto, abbiamo già sfiorato l’investment grade in €, con offerte in $ di appena 105 pb al di sopra del tasso swap per 10 anni di rischio, mentre sul credito in £, dove abbiamo reali preoccupazioni, lo spread è ragionevole a 132 pb (per 12 anni); tuttavia, la nostra opinione sui tassi dovrebbe tenerci alla larga dalle obbligazioni di qualsiasi sostanziale duration, malgrado il premio per la Brexit.
Sebbene non intravediamo una conclusione del ciclo nel 2018, riteniamo di aver già evitato alcuni settori che se la caverebbero peggio alla fine del ciclo. Ciò significa, ad esempio, evitare le obbligazioni con rating CCC, che compensano a malapena gli investitori dal rischio di insolvenza, e anche evitare obbligazioni junior o non garantite nei settori corporate ciclici.
Dovremmo anche tenere presente che spread ridotti aprono i mercati a mutuatari che diversamente non potrebbero sottoscrivere prestiti nei mercati finanziari.
Evitare di detenere titoli che non abbiano soddisfatto le aspettative nel 2019 sarà un compito importante mentre ci posizioniamo per il 2018. I settori del retail high yield e della tecnologia sono due settori specifici che dovremmo considerare con notevole attenzione.
Dove possiamo investire e realizzare il risultato desiderato in termini di reddito e conservazione del capitale?
La buona notizia è che i fondamentali sono intatti e si dovrebbe ancora una volta assistere ad un’espansione della crescita globale nel 2018.
L’assenza di qualsiasi segnale materiale di inflazione consentirà alle banche centrali nel loro insieme di protrarre la politica monetaria ultra accomodante e, malgrado l’operato della Fed, la dimensione complessiva dei bilanci delle quattro banche centrali dovrebbe in realtà crescere in misura modesta nel 2018, prima di iniziare a ridursi nel 2019.
Alla luce di queste considerazioni, è difficile ipotizzare che i mercati del credito non tengano piuttosto bene. Il nostro scenario di base prevede spread sostanzialmente invariati nel corso dell’anno. Ovviamente prevediamo propensioni geografiche e settoriali, che cercheremo di sfruttare.
Nell’ambito dei mercati dei tassi vediamo ancora con favore la curva del mercato australiano, con tassi base all’1,50% e obbligazioni a 3 anni al 2%, ritenendo che il tratto iniziale della curva sia ben protetto almeno fino a quando i rendimenti base USA non cresceranno, man mano che il carry trade andrà svanendo nel 2018.
A quel punto potrebbe essere opportuno spostarsi favorendo i Treasury USA, se i rendimenti saranno cresciuti a sufficienza.
Quindi, nel complesso, il 2018 potrebbe essere più impegnativo del 2017, ed è molto probabile che i rendimenti siano inferiori, ma i fondamentali solidi dovrebbero indicare che gli investitori potranno attraversarlo con successo grazie a una combinazione di gestione attiva e approccio diligente al rischio.
Commento a cura di Mark Holman, CEO di TwentyFour Asset Management