Il report di Morgan Stanley sugli ostacoli cruciali alla ripresa della crescita globale. L’attenzione degli investitori resta concentrata sulla Cina.
L’impennata dei prezzi dei generi alimentari e dell’energia, insieme alla stretta monetaria sempre più aggressiva, fanno pensare a un massiccio rallentamento delle economie dei Paesi industrializzati e a un’economia globale sull’orlo della recessione. L’attenzione degli investitori si rivolgerà necessariamente alla Cina, forse nella speranza che possa tornare a sostenere la crescita globale come ha fatto dopo la crisi finanziaria mondiale.
Tale ottimismo dovrebbe essere mitigato dal fatto che l’economia cinese si trova in una condizione di fragilità e per quest’anno le aspettative di Morgan Stanley sono per una crescita del PIL inferiore al consenso del 2,8% annuo e un modesto rimbalzo fino al 5,2% annuo nel 2023, quando Pechino risolverà gradualmente i problemi legati all’edilizia abitativa e al Covid.
Qualsiasi ripresa dipenderà dalla politica e il mandato politico rimane incentrato sulla stabilità del mercato del lavoro. Finora abbiamo assistito a una ripresa dell’allentamento della politica monetaria, a un sostegno incrementale al settore immobiliare e a ulteriori spese per le infrastrutture. Queste misure, tuttavia, hanno avuto scarso impatto a causa delle difficoltà di liquidità incontrate dai costruttori immobiliari e delle persistenti restrizioni per il Covid.
Morgan Stanley vede una ripresa della crescita nel 2023, che dipenderà in larga misura da come la politica stessa affronterà questi due ostacoli cruciali.
In primo luogo, per limitare le ricadute del settore immobiliare, Pechino probabilmente aumenterà il sostegno politico. È vero che il mercato immobiliare cinese ha imboccato una traiettoria strutturale discendente con l’invecchiamento della popolazione, ma il recente crollo supera di gran lunga questa tendenza.
Riteniamo che Pechino fornirà ulteriori finanziamenti e un intervento meglio coordinato per garantire il completamento della costruzione di case convenzionate, interrompendo il ciclo di feedback negativo, tenuto conto che la Banca Popolare Cinese (PBOC) ha già stanziato 200 miliardi di Rmb di prestiti bancari per sostenere la realizzazione dei progetti immobiliari.
Più in generale, riteniamo improbabile un crollo degli alloggi così grave da provocare una crisi finanziaria. La Cina ha standard prudenziali molto severi in materia di mutui e una modesta esposizione delle banche al settore immobiliare. A lungo termine, la limitata speculazione sui prezzi dei terreni nei settori non immobiliari dovrebbe evitare una “recessione di bilancio” come quella verificatasi in Giappone negli anni ’90.
Inoltre, mentre un settore immobiliare strutturalmente più debole peserebbe sulla crescita dei materiali da costruzione, dei consumi legati all’edilizia e degli investimenti infrastrutturali, il continuo orientamento della Cina verso iniziative come l’urbanizzazione 2.0, la digitalizzazione industriale e gli investimenti verdi potrebbe contribuire a sostenere la crescita della produttività.
In secondo luogo, ci aspettiamo un’uscita graduale dal Covid-zero la prossima primavera, viste le crescenti pressioni sulla crescita e sul mercato del lavoro.
Per ora, le nuove chiusure in alcune grandi città e il recente rallentamento dei progressi nella vaccinazione, insieme al rischio di una recrudescenza durante l’inverno, suggeriscono che una rapida fine del Covid-zero dopo il Congresso del Partito è dubbia.
I parametri chiave da tenere d’occhio saranno il ritmo delle vaccinazioni, l’adozione più ampia dei trattamenti Covid nazionali e i cambiamenti nell’opinione pubblica. In particolare, il raggiungimento di un tasso di vaccinazione di richiamo dell’80% per la popolazione over 60 nella prossima primavera farebbe presagire la rimozione delle restrizioni.
Se la politica riuscirà a superare questi due ostacoli, la ripresa economica dovrebbe consolidarsi a partire dal 2° trimestre del 2023, con una crescita leggermente superiore al 5% annuo. Ma anche con questa ripresa, la ricaduta positiva sul resto del mondo non sarà all’altezza. La stabilizzazione del settore immobiliare dovrebbe sostenere la spesa capex, così come quella per le infrastrutture nel secondo trimestre del 2023.
Tuttavia, il fattore chiave sarebbe un’inversione di tendenza dei consumi privati interni, in particolare nei servizi, per cui l’attrazione della domanda da parte di altre economie sarà in qualche modo attenuata. Pertanto, se da un lato dubitiamo che la Cina possa far precipitare l’economia globale in recessione, dall’altro non vediamo nella Cina la sua salvezza.