Secondo l’Istat, migliora la spesa per consumi delle famiglie italiane e la propensione al risparmio. Nonostante la pausa di alcuni settori resta positiva la tendenza di fondo degli indicatori economici.
Mentre l’economia statunitense mostra un certo rallentamento, quella dell’Area euro appare più tonica. In Italia, sulla base dei dati Istat, gli indicatori recenti manifestano una tendenza di fondo positiva seppure in presenza di una pausa nella crescita nel settore manifatturiero, negli investimenti e nell’occupazione.
Proseguono sia la crescita dei consumi sia quella della propensione al risparmio. La dinamica dei prezzi torna ad essere più contenuta di quella dell’Area euro. Migliora la fiducia dei consumatori e delle imprese e si mantiene positivo l’indicatore anticipatore.
Spesa per consumi delle famiglie italiane
Nel 2016, la spesa media mensile in valori correnti delle famiglie italiane è stimata essere pari a 2.524,38 euro (+1,0% rispetto al 2015, +2,2% nei confronti del 2013, anno di minimo per la spesa delle famiglie e ultimo anno di calo del Pil).
Si consolida, ad un ritmo moderato, la fase di ripresa dei consumi avviata nel 2014, in un quadro macroeconomico caratterizzato dal quarto anno consecutivo di aumento del loro reddito disponibile, da un lieve incremento della propensione al risparmio e dal consolidamento della ripresa del Pil.
Ciononostante, la spesa media mensile familiare rimane al di sotto dei 2.639,89 euro del 2011, valore raggiunto prima di due anni consecutivi di calo.
Un quadro analogo si registra anche per la spesa in termini reali: la variazione dei prezzi al consumo è infatti risultata prossima allo zero sia nel 2016 (-0,1%), sia nel 2015 (+0,1%) e nel 2014 (+0,2%).
Al netto del costo (stimato mediante i cosiddetti affitti figurativi) che le famiglie dovrebbero sostenere per prendere in affitto un’unità abitativa con caratteristiche identiche a quella in cui vivono e di cui sono proprietarie, usufruttuarie o che hanno in uso gratuito, la spesa media familiare è pari a 1.935,09 euro, in aumento dell’1,3% rispetto al 2015.
Il livello medio della spesa alimentare è pari a 447,96 euro mensili (era 441,50 euro nel 2015). Quella per carni, pur restando la componente alimentare più importante, torna a diminuire, attestandosi a 93,53 euro mensili (da 98,25 nel 2015). Le spese per frutta e vegetali aumentano entrambe del 3,1% rispetto al 2015, salendo rispettivamente a 41,71 euro e a 60,62 euro mensili. Pesci e prodotti ittici sono la voce con il maggiore aumento (+9,5%, fino a 39,83 euro mensili). I consumi alimentari sembrano quindi confermare una crescente attenzione a una più corretta alimentazione.
La spesa per beni e servizi non alimentari (2.076,41 euro al mese) cresce dello 0,9%. Tornano ai livelli pre-crisi le spese per servizi ricettivi e di ristorazione (+4,8%, da 122,39 a 128,25 euro) e salgono per il terzo anno consecutivo quelle per beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura (+2,9%, fino a 130,06 euro).
Pur permanendo ampie differenze strutturali sul territorio, legate ai livelli di reddito, ai prezzi e ai comportamenti di spesa, il gap tra i più elevati valori del Nord-ovest (2.839,10 euro) e quelli più bassi delle Isole (1.942,28 euro) si riduce, passando da quasi 945 a circa 897 euro nel 2016.
Si amplia nel 2016 il divario tra le città metropolitane e i comuni periferici delle aree metropolitane e quelli sopra i 50mila abitanti (circa 376 euro in media al mese da poco meno di 100 euro del 2015) e tra città metropolitane e altri comuni fino a 50mila abitanti (poco più di 491 euro da meno di 200 del 2015). La causa principale di questa dinamica è nella marcata crescita della spesa media mensile per beni e servizi non alimentari delle famiglie residenti nelle città metropolitane.