Intervista a Victor Massiah (UBI Banca) sui risultati 2015

Victor Massiah, CEO di UBI Banca, ha commentato i risultati 2015 del Gruppo UBI Banca. La trasformazione in SPA e la riforma delle banche popolari.

ubi banca victor massiah

Dott. Massiah, come commenta i risultati 2015 di UBI Banca?
Dobbiamo innanzitutto considerare che il 2015 è stato un anno particolarmente complesso.
Abbiamo assistito a fine anno alla prima situazione di risoluzione di banche in Italia con le quattro banche ben note: Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti e Cassa di Risparmio di Ferrara che sono state salvate da una situazione particolarmente complessa attraverso il primo utilizzo del fondo di risoluzione.

Abbiamo assistito a un anno di tassi di riferimento negativi e complessivamente abbiamo assistito a un anno che se pure ha visto per la prima volta nel nostro Paese un dato positivo del PIL non ha però portato ancora un rimbalzo fortissimo dal punto di vista della crescita economica.

All’interno di questa situazione estremamente complessa che cosa abbiamo fatto noi?
La cosa più simbolica è stata la trasformazione in SPA, a valle della riforma delle banche popolari: noi abbiamo portato a termine per primi e soprattutto con un consenso superiore al 98% l’approvazione da parte dell’Assemblea della trasformazione in SPA e abbiamo realizzato la vera e propria trasformazione prima della fine dell’anno.

In secondo luogo abbiamo portato avanti tutta una serie di iniziative interne a loro volta altrettanto importanti.

La prima è stata la fusione tra la nostra IWBank e la nostra Banca Private Investment che ha portato a mettere insieme una piattaforma online particolarmente importante e di alta qualità con una rete di promotori che sta crescendo nel tempo, per arrivare a una soluzione complessiva di banca che serve il cliente sia dal punto di vista online che dal punto di vista dell’attività dei promotori, in maniera innovativa.

Il lancio promozionale è stato estremamente potente; contiamo quest’anno di raccoglierne i frutti.
Abbiamo poi portato avanti tutta una serie di progettualità sui differenti prodotti che hanno portato complessivamente a una buona crescita delle nostre commissioni e a una sostanziale gestione del margine d’interesse che, seppur decresciuto in maniera importante – meno 10% -, ha in qualche modo tenuto nei confronti di un contesto ambientale particolarmente negativo.

Dal punto di vista dei costi io ritengo che sia stato un buon anno, di nuovo con una grande capacità da parte di tutte e due le controparti: i sindacati e i nostri addetti alle risorse umane.

Sono stati firmati degli accordi sindacali che hanno permesso attraverso l’esodo volontario di creare la piattaforma per ulteriori riduzioni di nostri costi, e allo stesso tempo sono state ben gestite le componenti di spese amministrative.

Non meno importante, anzi importantissima, la tenuta del costo del cattivo credito, nel senso che siamo riusciti a chiudere quest’anno con una riduzione di circa 100 milioni del costo del credito.

Questo risultato è stato ottenuto attraverso un portafoglio di crediti performing di altissima qualità e una capacità di buona gestione del credito non performante, che ha permesso oltretutto di alleggerire la componente dello stock attraverso una serie di cessioni sul mercato che non hanno portato significative svalutazioni, a maggior dimostrazione della tenuta delle nostre coperture.

Va aggiunto a tutto questo che due società che avevano attraversato momenti significativamente bui nel periodo peggiore della crisi, come UBI Leasing e Prestitalia, sono tornate a produrre in una gestione sana; in particolare UBI Leasing ha sostanzialmente raggiunto il break-even e dal prossimo anno tornerà a produrre utili.

Prestitalia, dopo il turn around completato a cavallo di quest’estate, ha ricominciato a produrre significativi volumi di cessione del quinto dello stipendio e di nuovo anche questa società produrrà significativi utili nel prossimo anno.

Permettetemi infine di sottolineare la prestazione della nostra società di asset management in Cina che quest’anno ha superato addirittura i 30 miliardi di Euro di asset under management, nonostante lo scoppio della bolla in Cina, e ha prodotto quasi 60 milioni di utili di cui circa un quarto sono di nostra competenza.

Complessivamente nel 2015 il risultato della gestione ordinaria raggiunge quindi i 195 milioni di Euro, in significativa crescita in confronto al risultato dell’anno precedente.

Il risultato contabile invece risente degli oneri straordinari derivanti dalle competenze aggiuntive che abbiamo dovuto versare al fondo di risoluzione per oltre 65 milioni riguardanti il salvataggio delle quattro banche.

Il tema del giorno sono ancora i crediti deteriorati delle banche europee ed in particolare Italiane.

Dottor Massiah, qual è la situazione di UBI Banca?
La situazione di UBI Banca a mio avviso è particolarmente solida. Si discute molto sulla valutazione della componente crediti deteriorati. Io credo che al di là della teoria conti fondamentalmente la pratica. Noi abbiamo effettuato tutta una serie di cessioni per oltre 400 milioni nel 2015.

Queste cessioni sono avvenute a prezzi, per quanto riguarda la parte non garantita, in alcune situazioni addirittura superiori a quella che era la situazione netta, quindi con coperture addirittura in eccesso e leggerissime plusvalenze, e, per quanto riguarda la componente garantita, con minusvalenze assolutamente marginali e a prezzi che definirei doppi in confronto a quelli che alcune simulazioni pongono come ipotesi per ragionare su una debolezza assoluta delle banche italiane che a mio avviso è un po’ sovrastimata.

Comunque, per quanto riguarda noi, sappiamo che abbiamo due terzi delle nostre componenti di crediti non performanti in situazione di garanzia tale da coprire oltre il 100%. Anzi arriviamo a circa il 135-140% e quindi francamente io ritengo la nostra situazione estremamente tranquilla.

D’altra parte, che la nostra banca sia solida a mio avviso lo dimostrano non solo i coefficienti patrimoniali o questi eventi di cessione sul mercato ma, tengo a dire, in qualche modo anche quello che sta avvenendo a cavallo tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016.

Noi abbiamo assistito a un’importante afflusso di nuova raccolta diretta. Sappiamo che ormai la clientela a fronte del bail-in, a fronte delle differenti situazioni che si sono create in termini di solidità sulle differenti banche, sta cominciando seriamente a distinguere.
Noi siamo tra quelle banche in cui la clientela preferisce depositare.

L’iter per l’esercizio del diritto di recesso avviato con l’assemblea di trasformazione in S.p.A. di ottobre è ormai prossimo alla sua conclusione. Dottor Massiah può spiegare agli azionisti quali sono i risultati?

Dobbiamo innanzitutto ripassare la logica e l’algoritmo del diritto di recesso. Era stato identificato un floor. Questo floor rappresentava la media di due parametri.

Il primo parametro è a sua volta la media di tutti i Common Equity Tier One delle banche europee sotto la supervisione della Banca Centrale Europea.

Il secondo parametro è la SREP decision aumentata di 150 basis point.

La media di questi due parametri in questo momento rappresenta un valore dell’11,62%.

In confronto a questo valore dobbiamo adesso calcolare quello che è l’effettivo Common Equity Tier One a fine anno.

A sua volta questo rappresenta un valore di 11,65%, in diminuzione in confronto ai precedenti trimestri. Perché in diminuzione? Perché deve assorbire l’effetto delle seguenti azioni:

innanzitutto il normale aggiustamento e aggiornamento delle serie storiche che a questo punto devono tener conto dell’impatto del 2014. Ogni anno verso la fine dell’anno noi aggiorniamo le serie storiche anche quest’anno abbiamo aggiornato questo parametro.

Il secondo effetto, che è un effetto importante a sua volta, deriva proprio dalla azione di risoluzione delle quattro banche.

Questo ha comportato a sua volta due componenti: la spesa assoluta a perdere del fondo di risoluzione e in aggiunta a questo l’impatto sui risk-weighted asset, quindi sull’attivo ponderato, del finanziamento al Fondo di Risoluzione stesso che abbiamo erogato insieme a Intesa e Unicredit.

L’insieme di queste azioni porta a un Common Equity Tier One di fine anno di 11,65%.

Conseguentemente residuano per il diritto di recesso tre basis point che equivalgono a circa 16 milioni di Euro.

Questi 16 milioni verranno ripartiti equamente tra tutti i richiedenti del diritto di recesso.

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