La flessione di giugno dell’inflazione risente dei ribassi delle componenti non-core. Nella seconda metà del 2017 potrebbe muoversi in un range piuttosto ristretto.
L’inflazione italiana ha sorpreso verso il basso per il secondo mese a giugno, calando a 1,2% (da un precedente 1,4% sul NIC e 1,6% sull’IPCA). La flessione è dovuta però ai ribassi, entrambi a nostro avviso transitori, dalle componenti non-core: alimentari ed energia (viceversa, l’inflazione di fondo è salita a 0,9% da 0,7%).
Il calo dei prezzi alimentari (che ha fatto scendere in misura decisa, a 0,7% da 1,6%, il cosiddetto “carrello della spesa”) è spiegato pressoché interamente da fattori stagionali (oltre che dalla ulteriore correzione dopo i rincari di inizio anno); nel caso dell’energia, riteniamo che la flessione delle quotazioni internazionali vista negli ultimi mesi non sia destinata a ripetersi nel resto dell’anno.
Pertanto, nella seconda metà dell’anno, l’inflazione potrebbe muoversi in un range piuttosto ristretto, tra 1,1% e 1,4%. In ogni caso, come conseguenza dei dati inferiori alle attese di giugno, la stima media annua dovrebbe attestarsi a 1,3% nel 2017 e 1,4% nel 2018.
Continuiamo inoltre a non vedere particolari pressioni sull’inflazione di fondo, che stimiamo attestarsi a 0,8% in media nel 2017, salvo riallinearsi all’indice generale (a 1,4%) nel 2018.
A giugno, i prezzi al consumo sono scesi di un decimo secondo l’indice nazionale e di due decimi in base all’armonizzato Ue. L’inflazione annua è calata per il secondo mese, in entrambi i casi a 1,2% (da un precedente 1,4% sul NIC e 1,6% sull’IPCA).
I dati sono risultati inferiori sia alle aspettative medie di consenso che alla nostra previsione (già al di sotto della media dei previsori).
Il calo di un decimo dell’indice nazionale nel mese è spiegato interamente dal contributo di alimentari e bevande. Su di esso sembrano aver inciso in misura decisiva fattori stagionali, come visibile dal crollo dei prezzi di vegetali e frutta fresca (-7,9% e -3,1% m/m rispettivamente).
Inoltre, continua la correzione dei listini alimentari dopo il balzo legato ai fattori climatici di inizio anno (dopo il +1,3% medio del primo bimestre, i prezzi sono calati di mezzo punto percentuale al mese da marzo a maggio, dunque la flessione di giugno è solo poco più marcata rispetto a quanto visto nei tre mesi precedenti).
Una flessione dei listini si è registrata anche per le comunicazioni (-0,7% m/m, che però incide in misura meno significativa visto che il settore pesa per meno del 3% del totale), nonché (ma solo per un decimo) per le spese per il tempo libero e per bevande alcoliche e tabacchi.
Viceversa, si sono registrati rincari nei servizi ricettivi e di ristorazione (+0,3% m/m), nei trasporti (+0,2% m/m) e negli altri beni e servizi (+0,1% m/m). Da notare che nei trasporti il rialzo stagionale dei servizi di trasporto aereo e marittimo (+10,5% e +1,1% m/m) ha più che compensato l’ulteriore calo dei prezzi dei carburanti (la benzina è scesa di -1,7%, rallentando a +2,3% da +6,1% su base annua).
In controtendenza rispetto all’indice generale, l’inflazione di fondo è rimbalzata a 0,9% da 0,7% (il minimo era stato toccato a 0,2% lo scorso ottobre); nel mese, i prezzi core sono saliti di due decimi. Viceversa, gli alimentari hanno fatto scendere il prezzo del cosiddetto “carrello della spesa” (beni alimentari, per la cura della casa e della persona), che ha fatto segnare una flessione congiunturale di -0,7% m/m e un rallentamento tendenziale a 0,7% da 1,6% di maggio.
In sintesi, la flessione di giugno è dovuta ai ribassi, entrambi a nostro avviso transitori, dalle componenti non-core: alimentari ed energetici.
Per quanto riguarda i primi, come detto il calo è spiegato pressoché interamente da fattori stagionali (oltre che dalla ulteriore correzione dopo i rincari di inizio anno); nel secondo caso, riteniamo che la flessione delle quotazioni internazionali dell’energia vista negli ultimi mesi non sia destinata a ripetersi nel resto dell’anno.
Pertanto, confermiamo la nostra idea che l’inflazione possa muoversi in un range piuttosto ristretto nella seconda metà dell’anno, tra 1,1% e 1,4%.
In ogni caso, in conseguenza dei dati inferiori alle attese di giugno, rivediamo lievemente la stima media annua, a 1,3% nel 2017 e 1,4% nel 2018. Continuiamo inoltre a non vedere particolari pressioni sull’inflazione core, che stimiamo attestarsi a 0,8% in media nel 2017, salvo riallinearsi all’indice generale (a 1,4%) nel 2018.
Commento a cura di Paolo Mameli, senior economist – Direzione studi e ricerche Intesa Sanpaolo