Inflazione e cambiamento climatico nella politica della BCE

Revisione dei target di inflazione e integrazione del cambiamento climatico nelle strategie di politica monetaria della BCE.

inflazioneIeri la BCE ha rivelato una serie di cambiamenti nella propria condotta di politica monetaria, in leggero anticipo rispetto alle previsioni, dato che ci si attendeva un completo riesame a settembre. In ogni caso gli annunci sono stati in linea con le aspettative di mercato. Il principale cambiamento riguarda un’interpretazione diversa rispetto alla definizione del mandato di stabilità dei prezzi della Banca Centrale; da un target di inflazione vicino ma inferiore al 2% a un obiettivo “simmetrico” al 2%.

In aggiunta la BCE ha confermato che terrà d’occhio i costi delle case (un argomento sempre più discusso visto il rincaro dei prezzi degli immobili osservato negli ultimi anni) con una raccomandazione affinché l’indice dei prezzi al consumo armonizzato recepisca questa indicazione. Entrambi gli annunci erano stati ampiamente anticipati.

Su un piano più innovativo, la BCE si sta attrezzando per includere concretamente il cambiamento climatico tra le direttrici della propria politica monetaria; ci si aspetta che l’istituto inizi a differenziare tra la gestione in pooling e gli acquisti di asset, basandosi su nuove metriche pertinenti al fattore climatico già dal 2022.

Così la BCE indica la via in quello che sembra un fenomeno crescente tra le banche centrali, ovvero l’ampliamento delle proprie responsabilità includendo fattori che contribuiscono indirettamente al raggiungimento degli obiettivi convenzionali di stabilità finanziaria e dei prezzi. L’efficacia di queste misure non è del tutto evidente, ma la direzione non potrebbe essere più chiara.

Mancano, negli annunci della Banca Centrale, dettagli su come l’istituto di credito intenda raggiungere il target di inflazione rivisto e, nonostante si sia chiarito come le innovazioni di politica monetaria introdotte dalla crisi finanziaria (acquisto di asset, TLTRO etc) siano ormai soluzioni permanenti nel ventaglio della BCE, la realtà dice che la possibilità di utilizzare questi strumenti rimane vincolata ai loro stessi limiti.

Le restrizioni relative alla percentuale di obbligazioni detenute da un singolo paese emittente sono sempre più vincolanti, mentre le limitazioni del trattato poste alla Banca Centrale sul divieto di finanziamento monetario continuano ad intralciare significativamente il grado di flessibilità di cui la BCE dispone per mettere a punto le proprie politiche.

Con il PEPP destinato a scadere nei prossimi 12 mesi, una riconfigurazione dell’originale Public Sector Purchase Program (PSPP) sta diventando più urgente. Si attendono maggiori dettagli in autunno in questo senso.

In definitiva, la BCE può anche essere all’avanguardia incorporando esplicitamente il cambiamento climatico nel quadro della politica monetaria, ma sta seguendo la scia della Bank of Japan e della Fed per quanto riguarda i cambiamenti ai target di inflazione.

Probabilmente l’analogia più azzeccata e preoccupante con questo comportamento riguarda le modifiche ai target di inflazione apportati dalla Bank of Japan nel 2016, quando la banca ha introdotto una misura di overshooting per rafforzare la portata della sua politica (un passo più significativo di quanto la BCE non sia disposta a fare oggi).

Quasi cinque anni dopo, l’inflazione giapponese resta incredibilmente contenuta e gli indici di inflazione rimangono molto più vicini allo zero che al 2%. La BCE può sperare che questi aggiustamenti siano in grado di persuadere mercati e cittadini, ma la prova dal Giappone è che le dichiarazioni da sole non bastano ad affrontare le sfide di un’inflazione bassa.

Commento a cura di Andrew Mulliner – Janus Henderson Investors

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