La fine del Quantitative Easing della BCE e la situazione politica incerta avevano alimentato ragionevoli dubbi su quale sarebbe stata l’evoluzione dei tassi di interesse nel 2019.
L’anno nuovo per il mercato dei mutui si apre con ottimismo. La fine del programma di Quantitative Easing della BCE e la situazione politica incerta avevano alimentato ragionevoli dubbi su quale sarebbe stata l’evoluzione dei tassi di interesse nel 2019.
Tuttavia, non solo la Banca Centrale europea ha annunciato stabilità dei tassi ancora per un po’, ma gli indicatori dei tassi di interesse dei mutui, Euribor ed Eurirs, continuano a segnare valori stabili intorno ai minimi dell’anno scorso.
A darne certezza ci sono le ultime rilevazioni dell’Osservatorio di MutuiOnline.it che per l’Eurirs a 20 anni rileva a dicembre l’1,40%, contro l’1,45% di novembre e l’1,51% di ottobre, mentre l’Euribor a 1 mese è ancora stabile intorno al valore di -0,36% / -0,37%.
Tale stabilità si riflette sulle migliori offerte di mutuo, che restano a loro volta su tassi molto vicini ai minimi toccati nel 2018, prolungando così la prospettiva di risparmio e convenienza per coloro che siano interessati ad un nuovo mutuo o ad una surroga nel 2019.
Vediamo allora la fotografia del mercato sui due versanti, quello della domanda e quello delle erogazioni da parte delle banche.
Surroghe e acquisti prima casa: risalgono le surroghe nella corsa al tasso fisso
Se il quarto trimestre dell’anno appena chiuso ha fatto rilevare solo il 40,7% di surroghe domandate contro il 49,2% di mutui con finalità acquisto prima casa, (le percentuali nel terzo trimestre erano rispettivamente il 48,2% e il 41,7%), dal lato delle erogazioni le surroghe passano dal 46,6% del terzo trimestre al 51,2% del quarto, mentre gli acquisti prima casa si riducono dal 45,5% al 41,7, segno che le banche hanno ancora parecchie pratiche di surroga da smaltire in conseguenza del picco di richieste registrato nel terzo trimestre a seguito delle incertezze sul futuro economico e dei tassi, che avevano spinto molti ad utilizzare la surroga per convertire il proprio mutuo da tasso variabile a tasso fisso, in modo da assicurarsi tassi ancora ai minimi e per l’intera durata residua del mutuo.
Tasso fisso al record di sempre per richieste ed erogazioni
Si è generata così una corsa al tasso fisso, anche perché l’incertezza sul futuro e il lungo periodo di minimi appena passato lascia spazio alla prospettiva che prima o poi si dovrà tornare se non altro a una condizione di normalità dei tassi. Così, nell’ultima parte del 2018 le richieste di mutui a tasso fisso sono state l’84,3% sul totale del campione (erano l’83,6% il trimestre precedente), percentuale che sale all’89,2% per i mutui erogati (erano l’87,4% il trimestre prima).
Si tratta dei massimi storici di sempre per il tasso fisso: un vero e proprio plebiscito in nome della sicurezza e del rischio a zero, che è anche una buona assicurazione per le banche che si garantiscono la fedeltà di clienti per un lungo termine.
Importi ancora da record
Con una media di 131.545 euro, il quarto trimestre del 2018 ha segnato un massimo storico dell’importo richiesto, guadagnando sul trimestre precedente circa 2.500 euro.
E fanno ancora meglio le erogazioni, con 3.000 euro circa guadagnate e un importo medio rilevato di 127.367 euro, anche in questo caso la cifra più alta dello storico dell’Osservatorio.
Passando alle classi di importo, a dominare la domanda è l’intervallo 50.000-100.000 euro, con il 35,4%, seguito dall’ammontare ricompreso tra i 100.000 e i 150.000 euro, che comunque riguarda il 31,4% delle richieste.
Stessa proporzione per le erogazioni, che vedono in testa sempre l’importo 50.000-100.000 euro con il 36,2% e la classe 100.000-150.000 euro con il 34,3% sul totale del campione.
Cresce anche il loan-to-value, il rapporto tra credito concesso e valore dell’immobile, che vede prevalere ancora l’intervallo 70-80% con il 37,1% delle richieste e il 26,9% delle erogazioni.
Le caratteristiche di chi richiede e di chi riceve un mutuo
Sul versante della domanda prevale un soggetto tipo del nord Italia (42,2%), di età tra i 36 e i 45 anni (43,0%), con un lavoro a tempo indeterminato (82,4%) e uno stipendio tra i 1.500 e i 2.000 euro (36,3%).
Spostandoci sulle erogazioni, vediamo ancora prevalere il Nord ma con una percentuale più alta (48,8%), un’età compresa tra i 36 e i 45 anni (45,9%) e un impiego stabile e a tempo indeterminato (86,0%), con un reddito che oscilla tra i 1.500 e i 2.00 euro nella percentuale del 38,9%.