Il deteriorarsi delle prospettive economiche determina un rischio di default più elevato e le banche catturano di nuovo l’attenzione.
La Brexit ha determinato un forte livello di volatilità sui mercati nelle scorse settimane. I mercati azionari sono crollati immediatamente dopo avere appreso che un’esigua maggioranza di britannici desidera uscire dall’Unione europea.
Noi l’abbiamo interpretato come un eccesso di reazione, il che ci rende un po’ più positivi nel breve termine. Una settimana dopo i mercati avevano ampiamente recuperato, mentre il quadro economico rimaneva pressoché immutato. Tuttavia il rischio politico è aumentato, inducendoci a una visione neutra nei confronti delle azioni.
Le azioni rimangono più interessanti delle obbligazioni in termini di valorizzazione. Tuttavia, il rendimento atteso di entrambi è basso e la Brexit ha ridotto ulteriormente il rendimento effettivo atteso delle obbligazioni. In molti paesi è pressoché impossibile trovare Titoli di Stato che offrano un rendimento positivo (un titolo governativo su tre a livello globale ha un rendimento negativo).
Gli investitori prevedono ulteriori misure di stimolo da parte delle Banche centrali (BoE e BoJ), mentre la Fed manterrà la sua politica di tassi bassi ancora a lungo. Si è verificata anche una fuga verso gli asset rifugio, che ha spinto i rendimenti ulteriormente al ribasso.
Una recessione modesta per l’economia britannica
La decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione europea è accompagnata da una fortissima incertezza a livello economico e politico. In Gran Bretagna le società rimandano i piani di investimento e hanno interrotto i programmi di assunzione, i consumatori sono più cauti.
Prevediamo che il Regno Unito si troverà confrontato a una leggera recessione nel breve termine. Per affrontarla, la Banca d’Inghilterra allenterà probabilmente la sua politica monetaria, anche se l’inflazione è in aumento a causa del deprezzamento della sterlina inglese.
Il tempo chiarirà meglio le future relazioni che si instaureranno tra Regno Unito e UE, facendo diminuire l’incertezza e permettendo una qualche ripresa dell’economia. L’impatto economico sul resto del mondo sarà ridotto. La crescita economica subirà una lieve contrazione in Europa continentale, tuttavia è improbabile che la BCE modifichi la sua politica monetaria.
Anche in Giappone la crescita sarà moderata a causa del rafforzamento dello yen. Visto il peggioramento delle aspettative inflazionistiche, la BoJ probabilmente varerà misure di politica monetaria. Il costo del capitale quindi si manterrà basso a lungo, ritardando l’instaurarsi di una recessione. Pertanto non siamo più negativi sul segmento High Yield. La Fed potrebbe rinviare il rialzo dei tassi di interesse al 2017.
L’incertezza politica persiste
L’insoddisfazione dell’elettorato che ha condotto alla Brexit non è un fenomeno eminentemente inglese o europeo. Riguarda anche gli Stati Uniti. E tale insoddisfazione si riflette nel supporto crescente ai partiti anti-establishment, sia a destra che a sinistra dello spetto politico. Non crediamo che questa insoddisfazione svanirà tanto presto.
Dopotutto, le ragioni di fondo, come la maggiore concorrenza internazionale determinata dalla globalizzazione, le accresciute sperequazioni in termini di reddito e ricchezza e i cambiamenti tecnologici che impattano l’occupazione, non sono certo pronti a scomparire. Tenuto conto delle numerose scadenze politiche previste nei prossimi diciotto mesi, prevediamo che l’incertezza politica rimarrà elevata.
I partiti anti-establishment stanno rivedendo la loro agenda politica, costringendo i partiti al governo a modificare le proprie posizioni. Inoltre, la frammentazione politica è in aumento, rendendo più difficile la formazione di coalizioni di governo stabili. Prima di ogni referendum o elezione importante c’è sempre un rischio elevato che prevalga il sentimento di risk-off. Gli investitori chiederanno un premio più elevato per il rischio politico. Anche per questo motivo siamo più positivi nei confronti dei titoli auriferi.
Le banche catturano di nuovo l’attenzione
Le azioni europee non hanno ancora ritrovato i livelli precedenti di valorizzazione perché i riflettori sono nuovamente puntati sui problemi del settore finanziario e le banche sono state colpite duramente.
Il deteriorarsi delle prospettive economiche determina un rischio di default più elevato. Inoltre c’è una maggiore pressione sui margini a causa dei rendimenti dei Titoli di Stato ai minimi storici e il costo sempre più elevato comportato dalle nuove normative.
Anche le attività di corporate banking sono sotto pressione perché le società emettono meno obbligazioni e azioni a causa del clima di maggiore incertezza. L’anomalia è rappresentata dalle azioni delle banche italiane, in difficoltà per via dell’enorme fardello di crediti deteriorati ancora iscritti a bilancio.
Il governo italiano non ha molte possibilità di scelta per ricapitalizzare il sistema. Secondo la nuova legislazione europea, i governi si devono limitare al bail-out delle banche in difficoltà una volta esaurito il bail-in del settore privato.
Tuttavia, se il settore privato fosse chiamato a partecipare al salvataggio delle banche, sarebbe un suicidio politico per il Primo Ministro Matteo Renzi. Inoltre c’è un rischio di contagio finanziario. Sono in corso trattative urgenti con Bruxelles per trovare una soluzione basandosi sui precedenti (per esempio la Grecia). Ma l’esito è altamente incerto.
Commento a cura di Kempen Capital Management