La fusione Intesa Sanpaolo-UBI Banca farebbe nascere un player economico e finanziario che si porrebbe, per dimensioni, al settimo posto nell’Unione europea.
Ben venga la fusione Intesa Sanpaolo-Ubi Banca. Finalmente una mossa di valenza strategica e internazionale, che si pone all’avanguardia anche del processo di consolidamento del sistema bancario europeo. Non può ne deve essere un accordo per mettere delle pezze di appoggio a un sistema bancario italiano in difficoltà, com’è avvenuto in passato. L’operazione ci sembra limpida.
Si tratta di un’offerta pubblica di sottoscrizione (ops) che l’Ubi Banca può accettare o rifiutare. A nostro avviso è un’opportunità da non perdere, che può giovare al paese.
La fusione farebbe nascere un player economico e finanziario che si porrebbe, per dimensioni, al settimo posto nell’Unione europea. Con oltre 1.100 miliardi di euro di risparmi gestiti e impieghi per 460 miliardi, conterebbe su circa 110.000 dipendenti, di cui 20.000 dell’Ubi Banca, che con i suoi 3 milioni di clienti è già il terzo istituto bancario d’importanza nazionale
L’operazione prevede un’offerta con uno scambio azionario pari a 4,9 miliardi di euro. In merito riteniamo che differenti valutazioni di prezzo non dovrebbero incidere sul risultato finale dell’operazione. Il nuovo istituto passerebbe da 44 a 48 miliardi di euro di capitalizzazione, subito dietro la francese Bnp Parisbas, e aumenterebbe i propri ricavi da 18 a 21 miliardi, appena dietro la Deutsche Bank.
Banca Intesa è già il primo gruppo bancario italiano con quasi 12 milioni di clienti e circa 3.800 filiali in Italia. All’estero ha mille filiali con 7,2 milioni di clienti. Nel 2019 ha erogato 58 miliardi di crediti a medio e lungo termine, registrando un utile pari a 4,2 miliardi di euro.
Le due banche non hanno particolari problemi di gestione, sia in rapporto al livello dei rischiosi derivati otc sia per quanto riguarda i crediti non esigibili, i non performing loans. Ci sembra, entrambe hanno mantenuto nel tempo un rapporto positivo con il territorio e con i settori dell’economia reale. Sono anche molto attive a livello internazionale e in rapporto con le industrie italiane esportatrici.
Con la fusione Intesa Sanpaolo-UBI Banca, nel periodo 2021- 2023 si ipotizzano ulteriori 30 miliardi di euro di erogazioni di crediti per supportare l’economia italiana e maggiori finanziamenti per l’economia verde per ben 10 miliardi.
A fronte di queste previsioni positive, a farne le spese sarebbe l’occupazione poiché dovrebbero essere assunti solo 2.500 giovani a fronte di 5.000 uscite. Questa, purtroppo, è una negatività che l’intero sistema bancario mondiale sta soffrendo.
L’operazione riteniamo rientri nei desiderata e nell’ottica della Banca d’Italia, che chiede un rafforzamento del sistema bancario attraverso aggregazioni virtuose per superare la debolezza e, a volte, la provincialità del nostro sistema.
Ci sembra rispondi anche alle considerazioni del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) circa l’esposizione dell’Italia rispetto a eventuali ingerenze e a interessi esterni. Si ricordi che presso il Comitato sono in preparazione audizioni dedicate ai settori economici d’interesse nazionale, in particolare quelli bancari, finanziari e assicurativi che stanno vivendo un’intensa trasformazione tecnologica e innovativa. Da ultimo la valutazione del Copasir ha riguardato l’impatto del 5G in Italia, che ha determinato l’invito al governo di escludere le aziende cinesi dalla banda ultralarga.
L’indipendenza economica e finanziaria italiana assumono un’importanza cruciale. A questo proposito si consideri il peso del debito pubblico e che circa 400 miliardi di euro di obbligazioni pubbliche siano detenute dalle banche italiane.
E’ nota la debolezza del nostro sistema bancario nel mondo finanziario globalizzato in cui sono emerse delle mega banche capaci di dettare le condizioni di mercato a tutti e di “fagocitare gli attori economici più piccoli e deboli”, quando vogliono.
Negli anni passati, infatti, molte banche italiane sono state “attenzionate” da interessi esterni, anche di altri paesi europei, che non hanno sempre giovato al nostro paese.
E’ triste notare che, purtroppo, l’Europa non è ancora in grado di operare come un’entità unica e sovrana. La libertà di azione da parte degli attori economici europei è fondamentale e sacrosanta. Non possono, però, essere tollerati gli abusi che mirino a favorire interessi di qualcuno a discapito di quelli collettivi dell’Unione europea. Anche l’applicazione della regola europea nei processi di aggregazioni economiche che disciplina il golden power (i poteri speciali per salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale) è stata a volte irresponsabilmente violata da certe aziende europee.
Non sfugge la delicatezza del problema. Si ricordi, per esempio, che gli Usa hanno sollevato una questione di sicurezza nazionale riguardo ai Treasury bond posseduti dalla Cina.
Commento a cura di Mario Lettieri e Paolo Raimondi