Debolezza temporanea o rallentamento dell’economia USA? Il mercato si sta preparando ad un tipico scenario da “taper tantrum”.
L’economia USA può essere vista sotto due luci diverse: potremmo trovarci di fronte a un rallentamento causato delle restrizioni sanitarie, o a una di debolezza solo temporanea mentre si procede con la distribuzione dei vaccini e in virtù della politica fiscale di sostegno.
I dati sul lavoro statunitense del 5 febbraio hanno evidenziato questo contrasto. I Non-Farm Payroll sono aumentati di 49mila a gennaio contro 105mila del consensus.
Non sorprende che, date le restrizioni sanitarie, il settore del tempo libero e dell’ospitalità abbia perso 99mila posti di lavoro a dicembre.
Per fronteggiare il rischio che l’economia statunitense venga frenata dal Covid-19, i democratici vogliono far approvare un pacchetto di stimoli da 1.900 miliardi di dollari, molto probabilmente attraverso un processo di riconciliazione, e hanno fatto progressi in quella direzione.
La segretaria del Tesoro Yellen prevede la piena occupazione nel 2022 se l’intero pacchetto fiscale viene approvato, mentre il premio Nobel Paul Krugman prevede un conseguente aumento dell’inflazione.
La politica fiscale può essere inflazionistica se è esagerata, ma un pacchetto di 1,9 trilioni di dollari in un’economia da 21 trilioni non sembra del tutto sproporzionato (anche se 3 volte l’output gap stimato dall’ufficio di bilancio del Congresso), per cui tenderemmo a essere d’accordo con Janet Yellen.
Detto questo, il pacchetto fiscale anticipa le probabilità di un rallentamento graduale nell’azione della Federal Reserve e un rafforzamento del dollaro.
La nota positiva è che i casi giornalieri di Coronavirus sono scesi sotto quota 100mila negli Stati Uniti mentre il programma di vaccinazione fa progressi costanti che dovrebbero ridurre i contagi.
Implicazioni
Il pacchetto fiscale dovrebbe supportare la crescita economica e un rapido rimbalzo che porti alla fine a una riduzione anticipata degli acquisti di obbligazioni, probabilmente nel 2022 e forse anche prima, sebbene la Fed non sia particolarmente favorevole a tale riduzione.
Questo implica un rafforzamento del dollaro nei confronti delle valute dei mercati emergenti di pari passo con l’inasprimento della curva dei rendimenti dei Treasury americani. Di conseguenza ci si può attendere una sovraperformance delle azioni statunitensi rispetto a quelle europee associata a grandi opportunità di generare alfa nel comparto obbligazionario.
É in arrivo un altro “taper tantrum”?
Il mercato si sta preparando ad un tipico scenario da “taper tantrum”. Il 19 giugno 2013, il presidente della Fed Ben Bernanke annunciò che, se i dati economici si fossero confermati positivi, nel mese di settembre la Federal Reserve avrebbe ridotto gli acquisti di obbligazioni da 85 a 65 miliardi di dollari al mese, e che il programma avrebbe potuto terminare entro giugno 2014.
Annunciò inoltre che, se l’inflazione fosse stata al 2% e la disoccupazione fosse scesa al 6,5%, la Fed avrebbe alzato i tassi. In conseguenza di queste dichiarazioni, di fronte al timore che le valutazioni fossero sostenute dal Quantitative Easing, l’indice S&P perse il 3,8% e i rendimenti sui Treasury a 10 anni salirono di 25 punti base prima che la Fed cambiasse rotta. Infine, lo shock raggiunse i mercati emergenti.
Implicazioni
Come si può vedere dalla ripidità della curva dei Treasury americani, i mercati stanno già in parte prezzando un’inversione di tendenza. Questo accade sporadicamente anche per i titoli azionari, quando il mercato diventa ottimista nel cosiddetto “reflation trade” e la curva dei Treasury USA si inasprisce significativamente.
Il timore di questo scenario dovrebbe raggiungere il suo apice nella seconda metà dell’anno, con un impatto soprattutto sul mercato azionario. Fino ad allora, mentre la curva dei rendimenti dei Treasury americani diventa più ripida, offre un ricco set di opportunità nel segmento del reddito fisso statunitense.
Commento a cura di Nordea AM