L’economia italiana resta e resterà debole

L’economia italiana ha interrotto la fase di blanda crescita. Previsto il proseguimento della fase di debolezza nei prossimi mesi.

economia italiana resta debole

Se a livello internazionale prosegue la fase espansiva dell’economia statunitense, l’area euro mostra segnali di rallentamento nel secondo trimestre 2016. In particolare l’economia italiana ha interrotto la fase di crescita e resta debole, condizionata dal lato della domanda dal contributo negativo della componente interna e dal lato dell’offerta dalla caduta produttiva del settore industriale.

L’indicatore anticipatore dell’economia italiana rimane negativo a luglio, suggerendo per i prossimi mesi un proseguimento della fase di debolezza dell’economia italiana.

Ricordiamo che il Pil è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente e ha segnato un aumento dello 0,8% in termini tendenziali. In tale quadro l’assorbimento di lavoro da parte del sistema produttivo sta fornendo primi segnali positivi grazie all’aumento delle ore complessivamente lavorate che crescono dello 0,5% sul trimestre precedente e del 2,1% su base annua.

L’aumento congiunturale ha riguardato sia l’industria in senso stretto (+0,4%), sia i servizi (+0,6%).

Dal lato delle misure dell’offerta di lavoro, nel secondo trimestre del 2016 l’occupazione complessiva cresce in modo sostenuto rispetto al trimestre precedente (+0,8%, 189 mila), con una dinamica positiva che, con diversa intensità, riguarda tutte le tipologie: i dipendenti a tempo indeterminato (+0,3%), quelli a termine (+3,2%) e gli indipendenti (+1,2%).

A livello territoriale, l’aumento è maggiore nel Mezzogiorno (+1,4%) in confronto al Centro (+0,8%) e al Nord (+0,6%). Il tasso di occupazione sale di 0,5 punti, soprattutto per i 15-34enni (+0,8 punti) e per i 50-64enni (+0,6 punti).

Le tendenze più recenti, misurate dai dati mensili relativi a luglio 2016 mostrano, al netto della stagionalità, un’interruzione della tendenza positiva registrata nei quattro mesi precedenti, con un calo degli occupati concentrato nella componente indipendente, a fronte di una sostanziale stabilità dei dipendenti.

Nel confronto tra il secondo trimestre del 2016 e l’analogo periodo del 2015 emerge una crescita complessiva di 439 mila occupati con un miglioramento della componente giovanile (15-34 anni), +223 mila su basa annua, che si affianca all’incremento degli over 50.

La crescita è più accentuata per i dipendenti, sia a tempo indeterminato (+308 mila) sia a termine (+72 mila), ma torna ad interessare anche il lavoro indipendente, esclusivamente tra gli autonomi senza dipendenti.

L’incremento è rilevante sia per il tempo pieno sia per il lavoro a tempo parziale, soprattutto quello di tipo volontario. La crescita è sensibile anche per la componente femminile (+180 mila) concentrata soprattutto nel Nord del Paese.

Prosegue invece a ritmo più sostenuto il calo, sia congiunturale sia tendenziale, degli inattivi, soprattutto degli scoraggiati.

Il tasso di disoccupazione, dopo la stabilità congiunturale dei due trimestri precedenti, diminuisce in lieve misura (-0,1 punti) rispetto al trimestre precedente e di 0,6 punti rispetto allo stesso trimestre del 2015 con un calo tendenziale di 109 mila disoccupati.

Significativi i cambiamenti nella condizione delle persone nel mercato del lavoro, misurati dai dati di flusso a distanza di dodici mesi. Tra gli occupati aumentano le transizioni verso il lavoro a tempo indeterminato, in particolare per i dipendenti a termine e per i collaboratori.

Cresce poi il flusso dalla disoccupazione verso l’occupazione, soprattutto verso i dipendenti. L’incremento dei passaggi dalla disoccupazione all’occupazione riguarda maggiormente gli uomini, i giovani 25-34enni, i residenti nel Nord e i diplomati.

Dal lato delle imprese si confermano ma con minore intensità i segnali di crescita della domanda di lavoro, con un aumento meno marcato, rispetto al trimestre precedente, sia delle posizioni lavorative dipendenti sia delle ore lavorate per dipendente; continua inoltre a ridursi il ricorso alla Cassa integrazione.

L’aumento delle posizioni lavorative è sintesi della stabilità dell’industria in senso stretto e dell’incremento dei servizi; il tasso dei posti vacanti diminuisce di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali mentre è stabile su base annua.

Per quanto riguarda il costo del lavoro, si affievolisce la diminuzione degli oneri sociali (-0,1%), effetto della riduzione contributiva associata alle nuove assunzioni a tempo indeterminato.

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