Dopo Brexit e Trump cosa ci aspetta nel 2017?

Brexit e Donald Trump, un referendum e un’elezione che nel 2016 hanno scosso il mondo. Finora la catastrofe non si è verificata, ma le condizioni per gli investitori sono cambiate radicalmente.

brexit trump mercati finanziari 2017

Il nuovo anno sarà altrettanto ricco di eventi? Ci sono buone probabilità che non ci annoieremo.

Chi avrebbe predetto un anno fa che gli elettori britannici avrebbero appoggiato l’uscita del paese dall’Unione Europea (UE) e quelli americani avrebbero eletto come presidente Donald Trump? Francamente nessuno (neanche noi). A questo punto non ci resta che cercare di capire come si è giunti a questi inattesi risultati. Tra i motivi possiamo citare la frustrazione sull’establishment in generale, la globalizzazione sentita come una minaccia, la paura di un’immigrazione incontrollata e della perdita di sovranità. In effetti questi eventi rappresentano un vero terremoto per l’attuale paesaggio politico ed economico.

Addio all’ordine stabilito
A livello politico la Brexit è una minaccia esistenziale per il futuro dell’Unione Europea e costituisce un precedente per i partiti la cui agenda populista include l’uscita dall’UE e/o dall’eurozona, per esempio il Movimento Cinque Stelle in Italia o il Front National in Francia. Il programma di Donald Trump – se applicato alla lettera – mette in questione i pilastri dell’ordine globale istaurato sotto la guida degli USA dopo la Seconda Guerra mondiale e le rispettive istituzioni quali le Nazioni Unite (ONU) e l’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (NATO). Il suo motto “make America great again“ fa rima con isolazionismo.

Grafico 1: i minimi storici dei rendimenti degli US-Treasury appartengono al passato?

rendimento titoli di stato usa 10 anni

In percentuale
Rendimento dei titoli di Stato USA a 10 anni
Fonte: Thomson Reuters Datastream, Vontobel Asset Management

Il referendum sulla Brexit e l’elezione di Trump segnano una duplice svolta nella politica economica.

Innanzitutto, l’era dell’austerità sarà sostituita da una politica espansiva: Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’UE, e il piano di Donald Trump per stimolare l’economia americana porteranno infatti a un aumento del deficit di bilancio.

In secondo luogo, bisognerà rinegoziare in un modo o nell’altro gli attuali accordi commerciali. Se tutte le altre condizioni rimarranno invariate, col tempo si dovrebbe verificare una graduale normalizzazione delle politiche monetarie.

Gli aspetti positivi dell’agenda Trump potrebbero prevalere
Considerato il peso economico degli Stati Uniti, le nostre previsioni per il 2017 dipendono in grande misura dagli sviluppi oltreoceano. In generale è importante notare che alcune delle idee del presidente eletto hanno i loro meriti.

Di conseguenza stiamo considerando due scenari fondamentali: il primo è uno scenario di “reflazione”, che prevede la realizzazione degli aspetti positivi del programma di Trump, come i tagli fiscali e gli investimenti infrastrutturali, e attribuisce solo un’importanza simbolica a quelli negativi, come i dazi doganali e le politiche restrittive di immigrazione.

Ciò risulterebbe in un aumento della crescita e dell’inflazione. Il secondo è uno scenario di “stagflazione”, in cui le barriere commerciali e le misure anti-immigrazione frenerebbero la crescita, alimentando al contempo l’inflazione.

Il quadro che si presenterà nei prossimi mesi non sarà probabilmente in bianco e nero, ma rifletterà una combinazione dei due scenari. Ciò ci offrirà l’occasione di valutare l’impatto delle future misure sui mercati finanziari.

Al momento attuale, prima dell’insediamento di Donald Trump il 20 gennaio 2017, consideriamo più probabile lo scenario di “reflazione” rispetto a quello di “stagflazione”. Il motivo della nostra fiducia è semplice: è più facile raccogliere consensi sui tagli delle imposte e le spese infrastrutturali piuttosto che scontrarsi con la potente lobby delle multinazionali americane, che avrebbero tutto da perdere nell’eventualità di una guerra commerciale tra gli USA e la Cina o il Messico.

In entrambi gli scenari, prevediamo che l’aumento dell’inflazione e la politica monetaria più restrittiva spingano al rialzo i rendimenti dei titoli di Stato (vedi grafico 1) e sostengano il dollaro USA (vedi grafico 2). Ciò potrebbe tuttavia penalizzare le attività dei mercati emergenti.

In generale, lo scenario di “reflazione” favorisce le azioni, almeno nei settori che beneficiano di un aumento dei tassi di interesse e di un’accelerazione economica. Nel caso opposto, lo scenario di “stagflazione” ha un impatto negativo sui mercati sia obbligazionari che azionari.

“Cash is king”
Di conseguenza abbiamo diminuito le nostre posizioni nel debito dei mercati emergenti, aumentato l’impegno nel dollaro USA e ridotto a neutrale l’esposizione nell’oro.

Manteniamo il nostro sostanziale sottopeso nei titoli di Stato “sicuri” e una posizione neutrale nel segmento azionario. Da evidenziare è soprattutto il notevole aumento della quota di liquidità.

Gli investitori non hanno mai dovuto affrontare un ambiente più incerto. Il contesto di investimento attuale richiede una sana dose di umiltà, flessibilità e il ricorso consapevole alle liquidità come componente attiva dell’allocazione del portafoglio.

Chart 2: una politica monetaria più restrittiva negli USA dovrebbe sostenere il dollaro

indice dollaro usa

Index
Indice del dollaro USA ponderato per gli scambi
Fonte: Thomson Reuters Datastream, Vontobel Asset Management

Commento a cura di Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel

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