La Brexit avrà un impatto economico limitato sull’economia globale. Ne risentirà la fiducia, le condizioni finanziarie si inaspriranno e la BOE annuncerà un taglio dei tassi di interesse.
Il popolo inglese si è espresso. Contro tutte le aspettative, una risicata maggioranza (51.7%) ha votato a favore dell’uscita dall’Unione europea (UE).
Anche se il referendum in termini tecnici non è legalmente vincolante, il governo obbedirà al volere del popolo. La decisione di Brexit sta causando una fuga verso i porti sicuri. A nostro avviso si tratta più di un terremoto politico che economico. I mercati sono in ribasso e reagiranno in maniera molto decisa all’inasprirsi del rischio politico, soprattutto nei prossimi giorni.
Riteniamo che attualmente le reazioni degli investitori siano eccessive e questo crea opportunità. Anziché partecipare alla prossima ondata di vendite, ci concentreremo nel cogliere questa opportunità acquistando più azioni a un prezzo inferiore.
Che cosa succederà adesso?
In base all’articolo 50 del Trattato di Lisbona, per avviare il processo, il successore del Primo Ministro britannico Cameron dovrà informare il Consiglio europeo dell’intenzione della Gran Bretagna di lasciare l’Unione europea. Questo innescherà un periodo di negoziazioni sul “divorzio” che durerà circa due anni. Il processo è irreversibile.
Se uno Stato membro fa appello a questo articolo, può ritornare a far parte dell’Unione europea soltanto se avvia da capo l’intera procedura formale di ammissione. Se non si raggiunge un accordo, per le negoziazioni commerciali tra il Regno Unito e il resto dell’UE si applicheranno le norme dell’OMC (l’Organizzazione mondiale del commercio).
Il che implica tra l’altro la reintroduzione dei dazi. Attualmente non è sicuro quando esattamente si farà appello all’articolo 50. Cameron ha sempre detto che avrebbe voluto avviare la procedura il prima possibile. Ma il campo del ‘Leave’ intende negoziare prima con l’UE. Tuttavia, non riteniamo che l’UE sia disposta a farlo. Qualsiasi negoziazione aprirebbe il campo ad altri Stati membri che volessero indire un referendum e quindi ottenere condizioni più favorevoli.
L’impatto sui mercati
I mercati stanno rispondendo in maniera turbolenta alla notizia. Anche se secondo noi non si tratta di un’altra ‘crisi alla Lehman’ (un evento che causa un rischio sistemico sul sistema finanziario o sull’economia), la Brexit scatenerà un’avversione al rischio e una conseguente fuga verso i porti sicuri. Le valute rifugio – come il franco svizzero, lo yen e il dollaro USA – e l’oro stanno performando bene. I rendimenti effettivi sui Titoli di Stato dei mercati sviluppati registrano un ribasso a causa della combinazione tra fuga dei capitali e potenziali misure espansionistiche e/o di iniezione di liquidità da parte delle Banche centrali per ridurre le tensioni sui mercati finanziari. Le principali Banche centrali hanno già dichiarato che intendono intervenire con le misure di politica convenzionale a loro disposizione.
Più nello specifico, prevediamo un irripidimento della curva dei rendimenti britannici, poiché gli investitori sono preoccupati delle spinte inflazionistiche. Gli spread sui governativi dei paesi del sud dell’Eurozona si allargheranno ma il programma di acquisti di bond della BCE potrebbe evitare rialzi estremi nel breve periodo. Allo stesso tempo, l’accresciuta avversione al rischio degli investitori e le prospettive di crescita modeste incideranno negativamente sui mercati azionari. La sterlina inglese è sotto pressione, al pari dell’euro, anche se quest’ultimo in minor misura.
Dopo la reazione iniziale, sarà il tempo della riflessione sulle implicazioni politiche nel resto dell’Unione europea/Eurozona.
La Brexit danneggerà l’economia britannica?
Le prospettive a breve termine per l’economia britannica non sono rosee. L’enorme incertezza che pesa sulle condizioni di uscita dall’UE faranno diminuire la domanda aggregata. Le imprese non solo ridurranno gli investimenti, ma ridimensioneranno anche i piani di assunzione. La svalutazione della sterlina inglese farà salire l’inflazione. Per contrastare questi effetti negativi sulla crescita, nel breve termine la Banca d’Inghilterra annuncerà un taglio dei tassi di interesse e dichiarerà di essere disposta a mettere in atto ulteriori misure di stimolo.
Come si è detto, le conseguenze a lungo termine della Brexit sono più difficili da prevedere. Molto dipende dall’impatto degli accordi commerciali che la Gran Bretagna riuscirà a negoziare con il resto dell’Europa. Non riteniamo che l’UE sarà disposta ad accettare un accordo vantaggioso con i britannici: sarebbe un incentivo per altri Stati membri a uscire dall’UE. Siamo convinti che il costo a lungo termine sarà significativo in termini di calo dei volumi di scambio, a causa della reintroduzione dei dazi. La Brexit comporterà anche costi dinamici: una minore crescita della produttività a causa del ridotto volume degli scambi e degli investimenti esteri e un calo della crescita demografica. In altri termini, ne risentirà il potenziale di crescita dell’economia britannica.
La decisione di uscire dall’Unione europea può suscitare un periodo di incertezza politica. Come previsto, il Primo Ministro Cameron ha annunciato le sue dimissioni. Il successore non soltanto erediterà un partito profondamente diviso ma anche un paese diviso. In Scozia si chiede di nuovo un altro referendum sull’indipendenza dalla Gran Bretagna. Gli scozzesi vogliono continuare a far parte dell’Unione europea. Il campo del ‘Remain’ ha prevalso anche in Irlanda del Nord, determinando richieste di un referendum sulla riunificazione dell’Irlanda.
Impatto limitato sull’economia globale
La Brexit avrà un impatto economico (limitato) sul resto dell’Europa. Ne risentirà la fiducia, le condizioni finanziarie si inaspriranno, i volumi delle esportazioni caleranno e la disoccupazione aumenterà leggermente.
Tuttavia, non riteniamo che la Brexit porterà a una recessione. L’apprezzamento del dollaro USA sull’euro e la sterlina inglese, associato a una maggiore volatilità dei mercati e a un minore appetito per il rischio, causeranno un irrigidimento delle condizioni finanziarie negli Stati Uniti. La decelerazione della crescita potrà rimanere limitata. Tuttavia, ci aspettiamo che la Fed accantoni i piani di rialzo dei tassi di interesse ancora per un po’.
L’apprezzamento del dollaro USA e la minore domanda proveniente dall’Europa incideranno anche sulla Cina e gli altri mercati emergenti. Inoltre, i prezzi delle materie prime subiranno probabilmente ulteriori pressioni. L’effetto diretto della Brexit sull’economia giapponese si limiterà prevalentemente ai tassi di cambio.
Ma il paese potrebbe essere colpito indirettamente. Uno dei principali partner commerciali del Giappone, la Cina, dipende in maniera significativa dalle esportazioni verso l’Europa. Prevediamo pertanto che la BoJ (la Banca centrale giapponese) varerà ulteriori misure di politica monetaria espansionistica.
L’incertezza politica perdura
Ci preoccupa soprattutto il potenziale rischio di contagio politico. La profonda insoddisfazione emersa durante il dibattito sulla Brexit non è un problema che riguarda soltanto la Gran Bretagna. Si registra una crescente insoddisfazione anche tra la popolazione del resto dell’Europa e non solo. Agli occhi di una fetta sempre maggiore dell’elettorato, soltanto le elite hanno approfittato dei vantaggi dell’integrazione europea e dell’abolizione delle frontiere.
Inoltre, sono soprattutto le elite ad avere beneficiato della ripresa economica in atto da un paio d’anni. Le classi sociali benestanti ignorano in gran parte i sentimenti della vasta maggioranza della popolazione e questo non fa che portare acqua al mulino dei partiti anti-establishment.
Viste le numerose scadenze politiche all’orizzonte (in Spagna, Italia e Stati Uniti, Francia e Germania), la volatilità rimarrà elevata. Dopotutto, i partiti anti-establishment possono comportare un cambiamento di regime difficile da prevedere per gli investitori. E oltre a questo, c’è un crescente rischio di disgregazione dell’Eurozona.
Commento Kempen Capital Management