QE a parte, l’attenzione degli investitori si è concentrata sul taglio dei tassi d’interesse e soprattutto sul programma di tiering del tasso di remunerazione delle riserve bancarie.
“C’erano alte aspettative verso l’ultima riunione della BCE, nonostante le dichiarazioni rilasciate alla stampa da parte di diversi falchi, secondo cui il consiglio direttivo si sarebbe opposto alla necessità di un altro Quantitative easing (QE) nell’Eurozona.
Mario Draghi è invece riuscito ancora una volta a sorprendere i mercati assumendo un atteggiamento colomba, nonostante le chiare riserve di alcuni colleghi e un programma relativamente modesto sulla carta rispetto a quello che alcuni avevano sperato o previsto. Tuttavia, come spesso accade in politica monetaria, la differenza la fanno i dettagli.
Mentre fino a ieri la maggior parte degli annunci della BCE aveva seguito il copione ipotizzato dagli osservatori economici, la grande sorpresa è stata la notizia che il riavvio del programma di QE dovrebbe continuare fino a quando la BCE non alzerà i tassi, invece che per un periodo di tempo molto più breve, che la maggior parte degli analisti si aspettava essere tra nove mesi e un anno. Data la condizione sclerotica dell’economia dell’Eurozona, la promessa di mantenere il Quantitative Easing fino al rialzo dei tassi è positiva come un perenne Quantitative Easing. Le somiglianze con il Giappone sono evidenti.
QE a parte, l’attenzione degli investitori si è concentrata sul taglio dei tassi d’interesse e soprattutto sul programma di tiering del tasso di remunerazione delle riserve bancarie. La sfida per mantenere i tassi negativi è stata che, probabilmente, se si considerano le banche, la cura per la bassa inflazione (tassi negativi) può essere peggiore della malattia. Le misure messe in atto dalla BCE sono certamente molto tecniche e solo il tempo dirà se saranno veramente efficaci, tuttavia le stime sono che la BCE ha adottato un approccio moderato. Ai margini questo andrà a beneficio del settore bancario, ma il freno alla redditività delle banche rimane molto tirato.
Per quanto riguarda le altre misure adottate ieri dalla BCE, sono apparse generalmente in linea con le attese del mercato e potenzialmente più in scia alle aspettative della fazione ribassista. Il tasso sui depositi è stato ridotto di 10 pb e i TLTRO recentemente annunciati sono stati adeguati sia in termini di durata che di incentivi per le banche al fine che queste possano concedere sostegno all’economia reale. Infine, il focus si è spostato sul tasso d’inflazione che converge “vigorosamente” verso l’obiettivo di un valore prossimo, ma inferiore, al 2%. Un dato che è stato messo a paragone con le aspettative esistenti, che avevano gradualmente perso credibilità in quanto la BCE ha costantemente mancato il suo obiettivo. Come sempre l’Istituto di Francoforte ha promesso di poter fare di più, qualora necessario, tuttavia ci si potrebbe chiedere perché fare la stessa cosa più e più volte dovrebbe portare a risultati diversi.
La BCE ha fatto tutto il possibile per sostenere l’economia della zona euro, ma dovremo vedere se funzionerà.
E’ stato tuttavia degno di nota il fatto che, alla domanda riguardante l’unanimità del consiglio direttivo su queste decisioni, l’unico punto di accordo unanime era che la politica fiscale doveva adeguarsi alla politica monetaria. Gli investitori concordano. La sfida consiste nel comprendere se, mentre vediamo le economie della zona euro muoversi in questa direzione, Germania compresa, esista sufficiente volontà di agire con la stessa determinazione con cui si è mossa la BCE. Con Christine Lagarde in arrivo e Mario Draghi in uscita e il nuovo presidente della Commissione che presto entrerà in carica, i pezzi degli scacchi vengono posizionati in un modo tale da favorire “un passaggio alla politica fiscale”. La domanda che ci poniamo è: le economie dell’Eurozona saranno disposte a fare tutto il necessario?”
Commento a cura di Andrew Mulliner – Janus Henderson Investors