Le quotazioni del petrolio WTI sono state spinte anche dalla prospettiva che l’accordo tra USA e Iran sul nucleare non sarà così rapido. Numerosi gli outlook positivi sulla domanda.
La decarbonizzazione resta un problema relativo. Dallo scorso 8 giugno, le quotazioni del petrolio WTI si sono riportate al di sopra dei 70 dollari al barile, raggiungendo nelle sedute successive i massimi da maggio 2018.
Diversi i motivi che hanno sostenuto la corsa del greggio, tra cui le decisioni dell’OPEC+ di confermare la riduzione graduale dei tagli effettuati nel 2020 reimmettendo nel mercato fino a luglio 2021 2,1 milioni di barili al giorno, sempre tenendo in considerazione le condizioni di mercato.
Un altro motivo giunge dai numerosi outlook positivi sulla domanda. L’International Energy Agency vede nella ripresa dei consumi un catalizzatore che riporterà la richiesta di oro nero ai livelli pre-Covid entro la fine del 2022.
Di recente inoltre le quotazioni sono state spinte anche dalla prospettiva che l’accordo tra USA e Iran sul nucleare non sarà così rapido come ipotizzato inizialmente. L’eventuale intesa potrebbe riportare sul mercato tra gli 1 e gli 1,5 milioni di barili al giorno nel caso in cui le sanzioni a Teheran dovessero venire rimosse.
Segnali positivi per la domanda arrivano anche dagli ultimi dati dell’IEA sulle scorte di greggio statunitensi, che hanno registrato una decisa flessione nell’ultima settimana mentre le raffinerie hanno intensificato le operazioni ai massimi da gennaio 2020. Una problematica relativa nel medio periodo è quella della transizione energetica.
Questo processo richiederà molto tempo per essere portato a compimento e gli analisti stimano che la richiesta di petrolio continuerà a salire fino al 2030, spinta prevalentemente dai Paesi in via di sviluppo.
Interessante evidenziare anche come gli esperti stimano che ogni 2.000 miliardi di dollari investiti in iniziative green equivarranno a una domanda di circa 200.000 barili di petrolio al giorno. La problematica più importante nel breve periodo è invece quella relativa al prossimo autunno a causa delle incertezze in merito all’andamento della pandemia.
La completa immunizzazione della popolazione richiederà tempo ed è possibile si sviluppino dei ceppi di Covid-19 resistenti agli attuali sieri. Le case farmaceutiche potrebbero quindi aggiornare i loro vaccini, ma la procedura richiederebbe tempo e il rischio di nuove chiusure rimane una variabile da tenere in considerazione.
Commento a cura del team Vontobel
*Fonte dati: International Energy Agency.