Il dato Pmi sull’andamento di manifattura e servizi hanno evidenziato una crescita economica ancora anemica nei paesi dell’eurozona.
Il mercato azionario europeo è reduce da mesi difficili, in cui il comparto creditizio è stato la zavorra principale al decollo degli scambi, complice anche un clima economico prossimo alla stagnazione. Dal punto di vista economico le rilevazioni Pmi della scorsa settimana relative alla manifattura ed ai servizi nei principali Paesi del Vecchio Continente hanno messo in luce una crescita economica ancora anemica.
Anche in Germania l’indice Pmi Servizi si è attestato a settembre, secondo la stima preliminare, a 50,6 punti, in calo rispetto ai 51,7 punti del mese precedente e sotto le stime degli analisti ferme a 52,1 punti.
“Queste evidenze hanno costretto la Bundesbank ad ammettere che nel terzo trimestre dell’anno vi sarà un rallentamento della crescita, sebbene l’andamento del trend economico di fondo è destinato a confermarsi solido. Se per la prima economia europea si profila quindi una frenata da inserire però in un contesto solido, per l’Italia si conferma un anno di crescita prossima allo zero” ha commentato Heiko Geiger, Head of Public Distribution Europe di Vontobel Investment Banking.
Anche l’Ocse si aggiunge al coro di coloro che vedono una crescita dello zero virgola per il Pil italiano, sia nell’anno in corso che per il prossimo.
Nel dettaglio, l’Ocse ha tagliato le stime sulla crescita del prodotto interno lordo italiano di 0,2 punti per il 2016 e di 0,6 punti per il 2017.
In virtù di queste modifiche l’economia italiana crescerà dello 0,8% in entrambi gli anni considerati.
In questo quadro, le previsioni per l’Eurozona puntano ora a +1,5% (-0,1 punti percentuali sulla precedente stima) per il 2016 e a +1,4% (-0,3) nel 2017.
La Germania dovrebbe invece accelerare a +1,8% quest’anno (+0,2 punti rispetto all’outlook primaverile), ma rallentare a +1,5% nel 2017 (-0,2 punti rispetto alla precedente stima).
Il tema della crescita economica verrà tenuto sotto stretta osservazione anche dai banchieri centrali, per studiare l’evoluzione delle prossime decisioni in tema di politiche monetarie.