Per reperire i cinque miliardi di euro relativi alle mancate privatizzazioni 2016, proporrei di optare per un condono edilizio a copertura dell’intero territorio nazionale.
Dall’articolo di Enrico Patucchi pubblicato il 18 agosto su Repubblica/Economia si ha notizia di un ammanco nei conti dello Stato pari a 5 miliardi di euro per mancate privatizzazioni nel 2016.
Vi si legge tra l’altro: “Considerando che dalla vendita del 46% di Enav sono entrati 834 milioni e che dal collocamento di un ulteriore 30% delle Poste, operazione comunque ancora sulla carta, Padoan si attende un gettito di 2 miliardi (il ministro lo ha dichiarato in audizione parlamentare), ecco che all’appello mancano oltre cinque miliardi: l’obiettivo dello 0,5% prefissato nel Def, infatti, vale circa 8 miliardi di euro, mentre il totale tra Enav e Poste è sotto i 3 miliardi. Come dire, dunque, che a quattro mesi dalla fine dell’anno il target sarà difficilmente raggiungibile“.
Per reperire i cinque miliardi di euro relativi alle mancate privatizzazioni, per evitare di svendere i gioielli di famiglia (poste, ferrovie, ecc.), non essendovi attualmente in Italia le condizioni per una corposa imposta patrimoniale, proporrei di optare per un condono edilizio a copertura dell’intero territorio nazionale.
Nell’ambito di tale scelta economico-finanziaria si dovrebbe riservare particolare attenzione alla Campania che, di fatto, ha registrato la disapplicazione dell’ultimo condono di cui alla Legge 326/2003 per l’esplicita opposizione dell’allora Giunta Bassolino, in plateale, irragionevole contrasto con il Governo dell’epoca.
D’altro canto, quelle poche, temerarie domande di condono presentate in Campania in base alla Legge 326/2003 sono state in massima parte rigettate con il semplicistico, sbrigativo “divieto assoluto a costruire“. Di fatto in Campania l’ultimo condono edilizio effettivamente applicato risale al lontano 1994, ben 22 anni addietro.
Le 100.000 costruzioni abusive realizzate in Campania, come saggiamente sostiene il Presidente della Regione Vincenzo De Luca, non potranno essere tutte abbattute e, nel caso (teorico) lo fossero, richiederebbero enormi capitali per un fine chiaramente distruttivo, richiederebbero discariche enormi per lo smaltimento dei rifiuti da abbattimento e necessiterebbero di altrettante abitazioni (fornite dallo Stato?) per non mettere sulla strada decine di migliaia di famiglie.
Gli abbattimenti di abitazioni fanno pensare alle immagini televisive relative ai bombardamenti effettuati negli ultimi 5 anni in Siria – Aleppo in particolare – con distruzione totale del parco abitativo ed esodo massiccio della sfortunata popolazione.
Ovviamente sarebbe stato meglio costruire abitazioni con tutte le autorizzazioni previste per legge e sarà opportuno farlo in futuro con l’ausilio di aggiornata normativa, burocrazia collaborante, tempi di attesa europei e mezzi tecnologici ed informativi ad oggi disponibili.
Le centomila (circa) abitazioni abusive esistenti nella sola Regione Campania potrebbero portare nelle casse di Comuni e Tesoro, circa due miliardi di euro, ipotizzando un esborso medio di 20.000 euro per ciascuna abitazione da regolarizzare. Le banche potrebbero eventualmente supportare le necessità dei richiedenti per il pagamento degli oneri di condono con mutui a 5/10 anni.
A tal fine si dovrebbero bloccare da subito gli abbattimenti già decretati dall’autorità giudiziaria, nelle more dell’applicazione del nuovo condono, con possibile rivisitazione delle pratiche di condono già in essere, allo scopo di evitare disagi e danni irreparabili per i cittadini interessati.
Si dovrebbero bypassare temporaneamente le norme che prevedono l’inedificabilità assoluta in Campania (per rischio vulcanico od altro) laddove le costruzioni realizzate rispondano a criteri di buona fattura strutturale, non rappresentino pericolo per se e per gli altri, non siano di ostacolo a prefissati programmi di pubblica edificazione (scuole, strade, caserme, ospedali, ecc.) e, come già previsto nella Legge 326/2003, non superino i 700 metri cubi.
Questo percorso di regolarizzazione creerebbe un immediato e consistente indotto – in termini di posti di lavoro e fatturato – derivante dai lavori di miglioramento delle costruzioni oggetto di condono. L’edilizia è stata e resta un pilastro portante dell’economia nazionale.
Le centomila famiglie campane Le sarebbero immensamente grate per la determinazione e la pragmaticità dimostrate nell’affrontare un problema scottante che buona parte della politica – per molti versi corresponsabile della situazione pregressa creatasi nel mondo abitativo – ha scaricato maldestramente sulle spalle della magistratura che cerca, per quanto possibile, di svolgere al meglio il suo lavoro.
E’ di questi giorni l’accesa riflessione sull’impianto costituzionale italiano, nell’imminenza dello specifico referendum. Per il tema qui trattato, il pensiero va all’art. 47 della nostra Costituzione:
“La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese“.
Commento a cura di Sàntolo Cannavale – www.santolocannavale.it